Il Milan sta riflettendo sull’utilità di affidare Mario Balotelli a uno psicologo, potrebbe essere una soluzione rispetto alle sue mattane? Ne parliamo con il professor Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra, già docente di Psicologia dinamica all'Università Statale e poi Bicocca di Milano, autore di numerosi saggi sui ragazzi e il loro rapporto con l'autorità.
Professor Charmet, è una buona idea quella che si sta considerando al Milan?
«Ammesso che Mario Balotelli accetti quel tipo di aiuto e collabori sì. Il Milan sta facendo lo stesso tipo di riflessione che farebbe qualsiasi genitore che vedesse il proprio figlio frequentemente espulso da scuola: non trattandosi di un episodio ma di una sequenza lunga e la società come un genitore si chiede che cosa si possa fare per evitare che un ragazzo danneggi le opportunità della sua carriera».
Lei vede tanti ragazzi, anni fa ha scritto un saggio dal titolo Ragazzi sregolati, Mario Balotelli è figlio della sua generazione?
«Sì, certo. Quando parlavo di ragazzi sregolati, pensavo a ragazzi che, abituati a cercare con l'adulto la relazione, quando trovano la regola, il limite, sono portati a sfidarlo. Ma il comportamento di Balotelli, a quel che se ne vede nelle manifestazioni pubbliche, eccede la sregolatezza della sua generazione. Perde il controllo ogni volta che un’autorità gli contesta una regola violata: il cartellino rosso, i falli, il rigore sbagliato non sono normalmente una frustrazione sufficiente per minacciare un arbitro. Gli servirebbe aiuto per approfondire le ragioni per cui questo accade».
Par di capire che questo ecceda nello sport le competenze di un allenatore…
«Balotelli reagisce come se davanti alla regola si sentisse vessato e non compreso, come se l’autorità fosse ingiusta: in poche parole reagisce come se pensasse di avere sempre ragione. Forse davvero lo aiuterebbe a non sprecare in troppe giornate di squalifica il suo grande talento lasciarsi guidare da una figura professionale a ripercorrere la sua storia personale e le ragioni profonde di queste reazioni. Nelle espressioni a tutti evidenti di certi suoi comportamenti riconosco dinamiche frequenti nei ragazzi adottati. Hanno mediamente adolescenze e giovinezze molto più turbolente degli altri, perché attraversano crescendo una fase in cui non riconoscono come legittima l’autorità del genitore adottivo, quasi che la percepissero sotto sotto come abusiva. Questo a volte produce reazioni aggressive: rompono tutto, addirittura picchiano i genitori. Non tutti ovviamente».
Spesso la mattana, nel caso di un calciatore famoso, amplifica la visibilità. Quanto conta questo aspetto?
«Conta, non dimentichiamo che siamo in un Paese in cui molti ammirano chi sa sa farsi strada anche violando le regole e di fatto diventano complici di chi trasgredisce e offende l’arbitro. Non dimentichiamo che proprio nella società di cui Balotelli fa parte ci sono persone di vertice che hanno conquistato milioni di esibendo il loro atteggiamento trasgressivo. Non c’è dubbio che il contesto ha un significato e un’influenza sui comportamenti, come non c’è dubbio che, nella deriva etica della nostra società narcisistica, hanno radici molti dei problemi economici nel nostro Paese. Ma mi pare che, anche in questo innegabile contesto, il caso Balotelli sia appunto “un caso” che andrebbe affrontato a parte, perché eccede la media, perché comportandosi come fa danneggia non soltanto la società che perde dei soldi, ma soprattutto se stesso, sprecando occasioni»