Lancio di mkissili nella pensiola coreana. In alto: missili di lunga gittata cinese sfilano a Pechino. In copertina: una sfilata a Pyongyang, la capitale della Corea del Nord. Tutte le fotografie di questo servizio sono dell'agenzia Reuters.
Nove Stati per poco meno di 15 mila ordigni. Il “Club” dell'atomica non bada a spese, ma non è solo per ricchi. Hanno arsenali nucleari gli Stati Uniti d'America (6.800 testate circa), Russia (7.000), Francia (300), Cina (270), Regno Unito (215), Pakistan (120-130), India (110-120), Israele (80), Corea del Nord (si stima che le testate siano più o meno una decina). Il totale numerico è 14.900. La somma politica è una paura diffusa e crescente. Stando a molti osservatori, Usa e Russia mantengono approssimativamente 1.800 testate del loro arsenale atomico a uno stato di allarme medio-alto, pronti a usarle in pochi minuti dall'accertato pericolo. Cinque Paesi membri della Nato (Belgio, Olanda, Germania, Italia, Turchia) ospitano sul loro territorio ordigni nucleari statunitensi.
La già devastante potenza delle prime due bombe sganciate su Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki ( 9 agosto 1945) è abbondantemente superata. Ciascuna testata, oggi, è destinata a uccidere milioni di persone e ad avere effetti di morte lunghi decenni. «Alcuni governi ritengono che le armi nucleari rappresentano uno strumento legittimo ed essenziale di sicurezza: sono idee non solo sbagliate ma pericolose, poiché incitano alla proliferazione e impediscono il disarmo», sostiene l'Ican (International campaign to abolish nuclear weapons). «Siamo in un’epoca di forti tensioni globali. Se mai è esistito il momento storico giusto, in cui gli Stati hanno l’obbligo morale di dichiararsi contrari alle armi nucleari, quel momento è adesso».