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giovedì 20 marzo 2025
 
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Vale ancora la pena confessarsi?

15/12/2022  Occorre prendersi la responsabilità di un percorso di riconciliazione con un Altro

Uno dei sacramenti più in crisi, ormai da molto tempo, è la confessione. Bisogna anche dire che non è facile trovare sacerdoti disponibili: a volte i parroci, presi da tante altre incombenze, riservano all’ascolto delle confessioni un po’ di tempo prima della celebrazione eucaristica; talvolta invece si predispongono dei tempi stabiliti in alcuni momenti dell’anno in un sorta di condono generale. C’è però forse una questione più profonda che riguarda la vita spirituale del credente.

Spesso infatti si confondono tre aspetti che caratterizzano l’esperienza umana: il peccato, la colpa e la vergogna. Ha senso infatti parlare di confessione solo quando c’è una relazione con Dio: il peccato è infatti l’esperienza di una rapporto che si è spezzato. Proprio per questo motivo non si può risolvere la questione in un dialogo interiore con se stessi: occorre prendersi la responsabilità di intraprendere un percorso di riconciliazione con un Altro. Il senso del peccato, dunque, ci spinge a uscire da noi stessi e ci fa muovere per ricostruire qualcosa di positivo. Al contrario la colpa è una questione interna a noi stessi: ci sentiamo in colpa perché non abbiamo raggiunto uno standard o un ideale che abbiamo imposto a noi stessi. La colpa riguarda il confronto con un nostro codice morale interiore. Per questo motivo, il senso di colpa non ci aiuta, non ci fa muovere, ma ci blocca e ci porta a ripiegarci su noi stessi, diventiamo giudici implacabili di noi stessi senza intravvedere vie d’uscita.

C’è però ancora un’altra esperienza, diversa e dolorosa, che ugualmente non aiuta il nostro cammino di crescita: si tratta della vergogna. In questo caso, collochiamo il giudice fuori di noi, ma è un giudice ideale a cui noi stessi diamo il potere di giudicarci: la vergogna ha a che fare con la paura di essere scoperti dagli altri, di essere visti e disprezzati per i nostri errori o semplicemente per come siamo. Sembra strano, ma comprendiamo allora perché solo il senso del peccato sia in realtà liberante: solo in questo caso si tratta di un’esperienza costruttiva, che fa nascere il desiderio di andare avanti, ci fa sentire amati e capaci di ricominciare.

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