Franco Valenti ha trascorso una vita ad affrontare i problemi dell’immigrazione, e non da studioso. Prima, per vent’anni in Germania, ha creato sportelli per immigrati italiani a Colonia e Stoccarda. Poi, nel 1989 a Brescia, ha messo in piedi e diretto per altri vent’anni uno sportello analogo per stranieri in Italia, su incarico dell’amministrazione pubblica. Ora presiede la Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo, che comprende anche un Osservatorio sulle discriminazioni istituzionali, per la tutela delle minoranze etniche nel nostro Paese.
- Valenti, in Italia sono frequenti le decisioni discriminatorie verso i minori stranieri?
"Sì, lo sono. Io conosco bene i casi di Brescia e dell’hinterland, ma so anche di episodi in Emilia Romagna e Toscana. Diciamo che le decisioni non arrivano in modo diretto, e soltanto, sugli stranieri. Arrivano sostanzialmente motivate dai costi, spesso collegati alla scolarizzazione: escludono famiglie e minori che non hanno pagato tutti i debiti pregressi sui servizi da erogare. In particolare, l’attenzione è molto forte sui minori rom, in base alla mia esperienza a Brescia, negli ultimi tre anni. Il caso più eclatante è stato l’anno scorso, all’inizio delle scuole, quando il Comune di Brescia decise di non predisporre il trasporto scolastico per i bambini rom, con la scusa che le famiglie non avevano pagato il dovuto negli anni precedenti. Come Fondazione Guido Piccini, con Cgil e altre associazioni e con i genitori dei bambini, per garantire loro il diritto allo studio li accompagnammo a scuola a piedi per un paio di settimane, camminando anche sulla tangenziale. Il Comune ribadì che o pagavano il pregresso, oppure niente trasporto. Io sono stato dirigente in Comune per 20 anni, e gestivo anche i nomadi. L’accordo con loro era che garantissimo trasporto e mense per ottenere il massimo della scolarizzazione dei figli. Eravamo arrivati ad avere il 100 per cento di frequenza dei bambini rom alle materne, il 95 per cento alle elementari e il 75 alle medie: un buon livello. Poi, con quelle modalità un po’ da ritorsione ideologica legata al debito, la scolarizzazione ha cominciato a calare. In realtà, il debito delle famiglie per il trasporto era di 2.500 euro (un’inezia per il Comune) e per le mense di 5.000-6.000 euro: Con un’iniziativa collettiva abbiamo raccolto soldi da donatori e fondazioni, circa 25.000 euro, e abbiamo pagato tutti i debiti pregressi per tutti i minori in difficoltà, non solo per i rom. Per l’anno scolastico 2012-2013 abbiamo risolto così la situazione. Secondo me, più sosteniamo la scolarizzazione di tutti i bambini, più cresce il senso di benessere di una città intera”.
- Lei ha esperienza delle politiche sociali tedesche verso i minori stranieri. Sono diverse dalle nostre?
“La politica sui minori nei Paesi del Nord dell’Europa è ormai consolidata da decenni: lì la tutela del minore è un “must” assoluto. Devo aggiungere che, quando ero in Germania io, e tuttora, anche le famiglie italiane in difficoltà avevano e hanno sostegni per la crescita dei figli, perché sia il più tranquilla e serena possibile. Esistono strutture pubbliche ben organizzate; l’attenzione dei Tribunali dei minorenni sulle condizioni di vita e per la tutela di una crescita serena è puntuale. Ricordo che per la scuola gli interventi pubblici erano continui, non c’era nessuno escluso dalla mensa o dal trasporto scolastico, anche quando le condizioni economiche non erano sufficienti per il pagamento dei servizi. Inoltre, per tutti i minori esistevano altri servizi accessori, come la partecipazione a teatro, piscina, attività sportive, attività ludiche, in modo che non si creasse un sentimento di marginalità”.