Il metodo Montessori è una scommessa educativa messa nero su bianco per la prima volta nel 1909, mettendo al centro il bambino, per la scuola verticistica e autoritaria di quell’epoca e per il concetto di educazione in quegli anni vigente, proponeva una visione avveniristica – non da tutti compresa - , che in parte l’intero sistema educativo nei decenni ha però recepito, anche passando per strade diverse dal modello di scuola disegnato da Maria Montessori. Abbiamo chiesto a Valeria Rossini, professoressa associata di Pedagogia generale e sociale all’Università di Bari, autrice di Maria Montessori, una vita per l’infanzia, una lezione da realizzare (San Paolo) di aiutarci a capire qual è l’eredità lasciata dalle intuizioni di Maria Montessori alla pedagogia moderna.
Professoressa Rossini, lei a un certo punto scrive: “non possiamo non dirci montessoriani”. In che senso? C’è un’eredità montessoriana nella pedagogia al di là dell’applicazione del metodo?
«Sì, ho scelto questo titolo per un capitolo, perché penso che chiunque di noi sia interessato a questioni universali, come quella della pace, della ricostruzione dell’umanità, non possa che aderire al pensiero montessoriano, inteso come un pensiero cosmopolita, attento alle differenze, al dialogo tra i popoli, al progresso e al futuro del mondo. In questo senso non possiamo non dirci montessoriani, al di là della specificità del metodo e delle sue applicazioni nel contesto scolastico o nell’educazione della fascia 0-6 anni».
Maria Montessori era convinta che il bambino resti lo stesso, con le sue esigenze e le sue capacità da sviluppare, anche se il mondo e la società gli cambiano intorno. Le neuroscienze sembrano confermarlo. È questo che spiega l’attualità di un metodo che ha passato il secolo?
«Maria Montessori ha fondato il metodo sugli studi di medicina e di neurobiologia, ma per l’epoca in cui è arrivata non ha potuto contare sulle più recenti acquisizioni neuroscientifiche, quali l’importanza dei neuroni specchio o la teoria dell’intersoggettività, sicuramente il metodo Montessori andrebbe integrato con questo tipo di conoscenze, ma ritengo che sia universale e imperituro perché parte dai bisogni di sviluppo del bambino. Non esiste un bambino preistorico, un bambino del Medioevo, della rivoluzione industriale o dell’era tecnologica, i bisogni infantili restano gli stessi tocca a noi adulti adattare le risposte alla realtà che intorno al bambino muta».
Un tema molto frainteso del metodo montessoriano è il concetto di libertà. Nella scuola verticistica del suo tempo si pensò che introducesse l’anarchia nell’educazione. Ci sono stati fraintendimenti?
«Il tema della libertà fa parte di una classica antinomia pedagogica, che come tale non può essere risolta. Maria Montessori ha lavorato su un concetto libertà non “da qualcosa”, come possibilità di uscire dalle dinamiche di plagio, sottomissione, manipolazione che caratterizzavano l’educazione del suo tempo, quanto “libertà di” fare, di creare, di inventare, dunque una “libertà per” qualcosa: per un mondo nuovo, fondato su una società coesa e pacifica. Concretamente questo concetto di libertà si realizza, nella classe montessoriana, nella possibilità di seguire i ritmi di sviluppo, gli interessi, i bisogni di ogni singolo bambino che, divenuto padrone di sé stesso, poi è in grado di attivare dei rapporti sociali con gli altri. Questo concetto di libertà è il presupposto di una società disciplinata. Anche il rapporto montessoriano libertà/disciplina andrebbe ristudiato, dati i numerosi equivoci che quel concetto ha subito. Maria Montessori parla di una disciplina della libertà, non di una disciplina del comportamento inadeguato. Si tratta di una disciplina del comportamento attivo, proattivo e quindi positivo».
Spesso ci sentiamo ripetere che la ripresa di un Paese, quale che sia la crisi in cui versa, dovrebbe partire da un’attenzione all’educazione e alla formazione. Chi si deve occupare di questo, quale lezione potrebbe e dovrebbe trarre dal pensiero montessoriano?
«Questo chiama in causa la responsabilità politica, Maria Montessori ha lavorato molto su questo fronte, consapevole del fatto che qualsiasi visione di innovazione didattica non potesse essere scissa da un impegno globale economico-progettuale da parte della politica, nel senso che la stessa concezione del progresso deve tenere conto del primo elemento di sviluppo della società che è il bambino. Non per niente una delle sue frasi più citate “il bambino padre dell’uomo” parte dalla consapevolezza che educare il bambino di oggi significa poi ritrovare gli elementi positivi seminati nella società dell’adulto di domani. A partire dalla scuola e dalla famiglia, è necessario avviare questo processo di rinnovamento a partire da alcune resistenze che nascono dall’idea dell’infallibilità dell’adulto sia esso ministro, insegnante o genitore. Difficilmente noi adulti siamo disposti a metterci in discussione, ad ascoltare e osservare i bisogni del bambino. Montessori avrebbe avuto molto da dire in relazione alla tendenza anche attuale a parlare di scuola senza tenere conto dei bisogni del bambino da cui si dovrebbe partire, a cominciare dal rinnovamento dell’edilizia e dell’ambiente-scuola a cui lei teneva moltissimo».
Da medico, la prima intuizione pedagogica di Maria Montessori è iniziata mentre si occupava di bambini all’epoca detti “frenastenici”, con i quali ha affrontato il tema della disabilità a partire dall’educazione, togliendola dall’esclusione dal consorzio umano rappresentata dal manicomio pre-Basaglia. Quanto ha visto lontano sul tema dell’inclusione dei disabili nell’educazione?
«Il debito che abbiamo con Maria Montessori da questo punto di vista sia immenso, perché partendo dalle ricerche dei suoi maestri francesi che avevano lavorato con bambini con deficit si rese conto che bisognava prevedere per loro un’educazione e un’istruzione in quanto diritto per tutti. Si partiva da un’idea molto chiara, e avanzata, riguardo alle categorie deboli della società. Si pensi a quanto in termini di consapevolezza ha prodotto il suo impegno femminista riguardo ai diritti delle persone che non avevano voce, all’epoca le donne erano ai margini del sapere scientifico, le persone con disabilità vivevano un’esclusione totale da ogni forma di educazione/istruzione sulla base di una concezione di ineducabilità di cui Maria Montessori dimostrò con i fatti l’infondatezza. Riuscì quasi a colmare le difficoltà dei bambini disabili di cui si occupava, prendendo spunto dal materiale di Séguin, che poi ha elaborato a proprio modo creando il materiale di sviluppo tipico del metodo montessoriano. La legislazione del tempo non prevedeva l’inclusione scolastica, sicuramente la sua intuizione partendo dalla rieducazione del bambino frenastenico come un problema pedagogico – cosa straordinaria, detta da un medico all’inizio del Novecento – fu importante nelle successive riforme della scuola, a partire dalle sezioni ad hoc che oggi sono superate ma che all’inizio furono un passo avanti enorme rispetto alla reclusione/esclusione/ineducazione che i bambini disabili avevano vissuto fin lì. Oggi, dopo un lungo percorso, possiamo vantare la migliore legislazione sull’inclusione scolastica al mondo».
Quali sono, invece, i punti della lezione montessoriana ancora da realizzare, come dice il sottotitolo del libro?
«Il primo è il riconoscimento dell’ascolto del bambino, oggi in pedagogia si parla molto della partecipazione dell’ascolto del minore, ma si deve fare della strada nella società su questo fronte. Il secondo è la formazione degli insegnanti, nonostante le riforme, si susseguono a ritmo incessante forse eccessivo, tanto che noi formatori fatichiamo a tenere il passo perché non si raggiunge mai una stabilità, si ha la sensazione che in realtà prevalga il gattopardismo: un cambiare tutto per non cambiare nulla. E invece uno dei punti cardine del pensiero montessoriano è degli insegnanti a tutti i livelli: dalla scuola 0-3 all’università. Poi, direi, che andrebbe potenziato l’impegno per un’idea di cosmopolitismo che oggi non può limitarsi alla promozione della pace tra i popoli, ma dovrebbe tenere conto anche del rispetto dell’ambiente, se è vero che l’obiettivo della formazione di Maria Montessori era crescere un adulto diverso, più in armonia con il mondo».