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domenica 10 novembre 2024
 
L'intervista a Carlo Budel
 

Vandali ad alta quota: devastato il rifugio più alto della Marmolada

18/12/2023  Il rifugio di Punta Penia è il più alto della Marmolada. Si trova a 3.340 mertri e in inverno è chiuso. Solo esperti alpinisti sono potuti arrivare fin lassù e mettere fuori uso le telecamere, rompere i vetri e riversare palate di neve fresca sui materassi. Forse qualcuno a cui la notorietà del suo gestore, Carlo Budel, dava fastidio. Famiglia Cristiana lo aveva intervistato sulla sua scelta di lasciare tutto per vivere lassù da maggio a settembre

Un'immagine dell'atto vandalico nel rifugio: palate di neve fresca sopra i materassi
Un'immagine dell'atto vandalico nel rifugio: palate di neve fresca sopra i materassi

Da sei anni, da fine maggio a settembre, Carlo Budel è il gestore, o forse si potrebbe meglio dire il custode, del rifugio più alto delle Dolomiti, Capanna Punta Penia sulla Marmolada, a 3.343 metri di altezza. Una vita per lo più solitaria, salvo quando si avventurano fin lassù gli escursionisti più esperti, in grado di affrontare con i ramponi le lingue di ghiaccio o le ferrate e di resistere all’altitudine senza soffrire il mal di montagna. Ma era quello di cui aveva bisogno per lasciarsi alle spalle la sua vecchia vita, dopo aver seguito un duro percorso di disintossicazione dall’alcol. E, assicura, «a parte un piccolo momento di cedimento, in questi anni sulla Marmolada non ho più  toccato un goccio, malgrado per gli escursionisti abbia birra, vino e ogni tipo di grappa da offrire». Carlo Budel è sempre stato uno spirito libero. Alle medie è stato bocciato due volte perché a scuola proprio non ci andava, preferiva girovagare per i boschi a cercare gli asparagi selvatici. «E giunto finalmente alla fine della terza media, i professori hanno detto ai miei genitori che mi avrebbero promosso a patto che mi mandassero a lavorare». E così è stato: Carlo ha lavorato in fabbrica, ma è sempre stato un amante delle montagne. Escursionista esperto, ha percorso tutti i sentieri delle Dolomiti bellunesi spesso in compagnia dell’amata cagnolina Paris. «Quassù però non l’ho potuta portare, ha una certa età. La lascio a mio fratello e la ritrovo a settembre a casa, a San Gregorio nelle Alpi». Alla Capanna Punta Penia ci si arriva a piedi o con l’elicottero, che Carlo utilizza anche per trasportare tutto quello che gli serve per vivere quattro mesi lassù. «Quest’anno ha nevicato tantissimo anche a maggio e ho passato le mie prime settimane a spalare neve. Prima che arrivino gli escursionisti dovrà fare caldo. Intanto mi godo il silenzio, i paesaggi, scatto foto e faccio post su Instagram, il social con cui mi tengo in contatto col mondo. Ho cominciato dal primo anno che sono venuto quassù e ho visto che sempre più gente mi seguiva. Tanto che a un certo punto un editore, Ediciclo, mi ha contattato per propormi di scrivere un libro All’inizio ho detto di no, non avrei saputo proprio dove cominciare, non ho studiato, non so scrivere, ma loro mi hanno proposto di affiancarmi una scrittrice, Elisa Cozzarini. Abbiamo fatto lunghe chiacchierate ed è nato La sentinella delle Dolomiti. La mia vita sulla Marmolada. Poi abbiamo fatto insieme un libro fotografico, e quando Sperling & Kupfer mi ha proposto un altro libro, ho chiesto che fosse sempre lei a scriverlo con me». In 5 stagioni. La mia vita sulla Marmolada, Carlo Budel racconta un anno dopo l’altro, fino alla tragedia della scorsa estate, il 3 luglio 2022, quando una valanga di ghiaccio, fango e pietre si è staccata sotto la cornice di Punta Rocca facendo 11 vittime. «Io ho sentito un boato», ricorda Carlo Budel, «e ho pensato a un terremoto. Poi da un punto di osservazione sulla costa della montagna mi sono reso conto di quello che era successo. Ma non potevo unirmi ai soccorsi, avevo degli ospiti in quel momento nel rifugio. Una tragedia che potrebbe ripetersi.
Ogni anno vedo i ghiacciai che sono sempre più piccoli a causa dei cambiamenti climatici». Al rifugio gli escursionisti si fermano in genere per una sosta e rifocillarsi con una bevanda calda, e una delle torte che Carlo prepara. Qualcuno si ferma anche a dormire. «Il camminatore più anziano è Arrigo. La prima volta che si è avventurato fino alla Capanna aveva 86 anni. Lo scorso anno ha festeggiato con noi i suoi 90 anni, ripresi da una puntata di Linea Bianca». Carlo ha un debito di riconoscenza verso il dottor Alfio De Sandre, il responsabile del reparto di Alcologia dell’ospedale di Auronzo, dove è rimasto un mese per disintossicarsi. Un centro d’eccellenza che curava 150 persone all’anno provenienti da ogni parte d’Italia che purtroppo è stato chiuso, vittima dei tagli alla sanità pubblica. Alla fine del libro c’è un’intervista al dottore, che racconta i suoi 40 anni di esperienza con gli alcolisti. «La mia storia è un esempio per tante altre persone alle prese con questa dipendenza», conclude Cardo Budel, «se ne parla sempre troppo poco, ma sono 40 mila le persone che ogni anno muoiono a causa dell’alcol. E spesso ricevo messaggi di genitori che mi ringraziano perché i loro figli sono riusciti a riprendere in mano la loro vita ispirati da quello che è accaduto a me».
 

UN LIBRO SULLA SUA ESPERIENZA

Carlo Budel è al suo terzo libro. In 5 stagioni. La mia vita sulla Marmolada (Sperling & Kupfer), scritto con Elisa Cozzarini, ripercorre la sua esperienza come custode della Capanna di Punta Penia, dal momento che gli è stato proposto questo lavoro a quando si è avventurato per la prima volta, le migliorie che ha apportato al rifugio, la preparazione del suo leggendario strudel, le chiacchiere con gli escursionisti, il silenzio delle montagne e i viaggi esotici che si concede tra una stagione e l’altra sempre animato da spirito di avventura. 

 
 
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