Anche i grandi compositori a volte hanno bisogno di riposarsi. Pétrouchka è il secondo straordinario balletto di Igor Stravinsky. Esso nacque dopo il successo riportato dall'Uccello di Fuoco che i Ballets Russes avevano presentato a Parigi nel 1909. Nell’estate del 1910 il compositore si trovava in Svizzera, ma la composizione de Le sacre du Printemps (Il rito della Primavera) lo stava impegnando troppo: decise di interromperlo e di dedicarsi a quello che sarebbe diventato un altro suo capolavoro: Pétrouchka.
La suite per pianoforte col titolo Trois Mouvements de Petrouchka (tre Movimenti per Petrouchka) è diventata una delle pagine più famose e travolgenti della letteratura pianistica del ‘900. Un nuovo Cd della Decca ce la ripropone nella entusiastica e brillante esecuzione di Vanessa Benelli Mosell, una pianista giovane e bella, che il noto interprete Pascal Rogé col quale ha debuttato in duo a soli undici anni ha descritto come "il maggior talento naturale che ho incontrato in tutta la mia vita di musicista e insegnante".
Vanessa ha suonato nelle sale da concerto più prestigiose delle due sponde dell’Atlantico, vive a Parigi ed ama i “tardoromantici russi, anche se il mio repertorio spazia da Scarlatti ai giorni nostri”. Nell'estate 2012 ha sostituito Martha Argerich nel Concerto in mi minore di Chopin, suonando con I Solisti di Mosca diretti da Yuri Bashmet al Festival "Pietrasanta in Concerto". Ora ha debuttato con la Decca nel Cd [R]evolution che, oltre ai Trois Mouvements de Petrouchka di Stravinsky, presenta gli 8 Klavierstücke (Pezzi per pianoforte) di Stockhausen e la prima registrazione mondiale della Suite pour Piano ou Clavecin (Suite per pianoforte o clavicembalo) di Karol Beffa.
Stockhausen è uno dei grandi personaggi del ‘900, in bilico fra misticismo ed avanguardia, fra gigantismo (il suo ciclo Luce prevedeva sette opere: una per settimana) e minimalismo. Vista la sua giovane età aver potuto conoscere e frequentare Stockhausen è una grande fortuna, le facciamo notare: “in realtà ho avuto una fascinazione per lui sin da piccola. Ad 11 anni ho ascoltato la sua musica e questo mi ha fatto appassionare a tutta l’arte contemporanea, non solo alla musica. In ambito musicale mi ha particolarmente attratta la musica razionalista”. E come ha avuto modo di incontrarlo? “Grazie ad una registrazione dei suoi Klavierstücke che gli avevo fatto consegnare. Non ci speravo: li ha ascoltati e dopo solo un mese ero in Germania con lui a studiarli”. Che tipo era Stockhausen?: “era una persona molto carismatica. Ed i suoi insegnamenti erano volti al perfezionismo tecnico e dell’interpretazione. Non l’ho mai sentito affrontare temi di natura filosofica o assumere atteggiamenti provocatori. Lui era una persona estremamente semplice, chiara e trasparente”.
I Klavierstücke sono pagine che rientrano nella categoria dello “studio musicale”, cioè della ricerca sul suono, il ritmo e così via? “E’ l’aspetto fondamentale, ma l’autore ricordava anche che il pianista deve personalizzare l’interpretazione di queste opere. Io ci vedo l’astrazione soprattutto. Perché la musica non è solo espressione di sentimenti. E non sempre le sensazioni che provoca devono essere piacevoli per chi ascolta”. E l’altro autore, Karol Beffa? Non ha molto a che vedere con Stockhausen: “anzi, si contrappone ed in Francia appartiene alla corrente estetica opposta a Pierre Boulez. Mi è piaciuto confrontarli nello stesso album proprio per rimarcarne le differenze. La sua è una composizione che si basa sugli arpeggi e sugli ostinati, molto suggestiva. Ed è anche un ritorno al neoclassicismo che lo lega a Stravinsky”. Dunque con questo programma possiamo dire che lei ha composto un mosaico del ‘900 con tutte le differenze e contraddizioni di questo secolo: “sì, lo spirito del cd è questo”. E quale dei 3 autori è il più difficile da eseguire? “sicuramente Stockhausen”.