“La famiglia
è la fabbrica della speranza”. Con queste parole comincia la veglia di
preghiera organizzata dalla Cei in piazza San Pietro il giorno prima dell’inizio
del Sinodo ordinario sulla famiglia. Papa Francesco partecipa e prega insieme
alle famiglie venite da tutta Italia e conferma: “Preghiamo perché il Sinodo
che domani si apre sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza
coniugale e familiare; riconosca, valorizzi e proponga quanto in essa c’è di
bello, di buono e di santo; abbracci le situazioni di vulnerabilità, che la
mettono alla prova: la povertà, la guerra, la malattia, il lutto, le relazioni
ferite e sfilacciate da cui sgorgano disagi, risentimenti e rotture; ricordi a
queste famiglie, come a tutte le famiglie, che il Vangelo rimane “buona
notizia” da cui ripartire”. Bergoglio poco prima era stato accompagnato da una
coppia di sposi che portavano una lampada segno della luce che emana da ogni
famiglia, in Italia e nel mondo.
In piazza San Pietro si sono ascoltate
testimonianze di famiglie e dei leader dei principali movimenti e associazioni
della Chiesa italiana. Ha spiegato don Paolo Gentili direttore dell’Ufficio per
la pastorale della Cei: “Vogliamo essere la grande famiglia ecclesiale di Gesù,
fatta di tante porte aperte, tanti fratelli, tanti carismi, chiamati a
annunciare lo stesso Vangelo. A noi la differenza non fa paura! Anzi, diventa
lo spazio per realizzare la comunione, a patto di costruire “ponti in questa
società dove c’è l’abitudine di fare muri”. Ponti fra le parrocchie e le
associazioni, i movimenti e le nuove comunità; ponti fra i consacrati e le
famiglie; ponti tra la comunità cristiana e il mondo”. Don Paolo ha spiegato
tra i sorrisi la santità della famiglia: “La santità del pannolino o della vita
accolta quando non era previsto, la santità delle notti passate in attesa del
ritorno del proprio figlio, o ad accudire un familiare infermo. È il sacrificio
di tanti coniugi che rende visibile la croce”. Poi ha parlato Matteo Trufelli, presidente dell’Azione
Cattolica, sottolineando l’importanza della “famiglia che vive l’intimità della
casa non come una barriera nei confronti del mondo, ma come un cuore pulsante
che genera relazioni, crea solidarietà, educa alla responsabilità”. Insomma una
famiglia che “diviene pianta rigogliosa quando non si chiude in se stessa, ma
si colloca in modo vitale dentro la trama di relazioni di cui è parte e di cui
si nutre. I parenti, gli amici, i vicini, la città, una famiglia che sa farsi
carico delle solitudini che la circondano, che sa prendersi cura di chi attorno
a lei non ha una casa, non ha un lavoro, non ha più una terra in cui restare”. Salvatore Martinez capo del Rinnovamento dello
Spirito ha spiegato che “oggi
la famiglia cristiana vince, non è vinta, perché la sola cosa che il mondo mai
potrà vincere è proprio l’amore di Dio e l’amore per i fratelli”: “Se c’è crisi di verità sulla famiglia è
soprattutto perché si sta perdendo in molte case la bellezza e la pratica di
questo amore”. Sullo stesso concetto ha insistito anche Maria Voce,
leader dei Focolarini: “La bellezza e la gioia della famiglia cristiana
brillano di più se esprimono il volto della Chiesa come “casa e scuola di
comunione”. E quando le famiglie costruiscono tra loro questi rapporti, intessono
naturalmente una rete, che partendo dal locale può estendersi a tutto il
pianeta e che è essenziale per promuovere e sostenere la coesione sociale. Il
Vangelo della famiglia, scritto con le parole dell’accoglienza dei piccoli,
della reciprocità dei doni e della fedeltà alla vocazione fondamentale
all’amore, è il seme di una nuova cultura, di cui c’è estremo bisogno per la
stessa sopravvivenza dell’umanità; è seme della fratellanza universale, del
mondo unito nella pace”. E’ toccato a Julian Carron, successore di don Giussani
alla guida di Comunione e Liberazione ricordare che “le nostre famiglie potranno
raggiungere la loro pienezza, perdonarsi a vicenda, affrontare tutte le sfide,
aprirsi agli altri, se ospitano a casa Gesù”. Infine Kiko Arguello, fondatore
del Movimento neocatecumenale che ha cantato un inno alla Madonna.
Poi hanno
parlato le famiglie. Per prima una coppia di fidanzati Juan e Sara di Alghero
che hanno raccontato il loro amore come “un
lavoro artigianale, un lavoro di oreficeria, che si costruisce giorno per
giorno, nell’incontro delle differenze che spesso ci fanno abbattere i muri del
nostro orgoglio”: “Vogliamo andare lontano insieme verso “il per sempre”, con
l’aiuto di Dio dopo aver abbiamo scoperto una Chiesa molto grande, con tante
porte aperte”. Poi Lorena e Stefano di Trentoi sposati da 24 anni, in piazza
con i loro figli hanno spiegato come si fa a costruire “con gli altri una
famiglia di famiglie dove la condivisione della strada, delle fragilità e delle
qualità di ognuno, sono aiuto per tutti”. E infine Francesco e Lucia di Pisa, sposati
da 35 anni, con figli e nipoti hanno raccontato la prova della malattia che ha
colpito la famiglia. Lucia ha una rarissima malattia. La sua testimonianza,
commovente, è stata un inno all’amore di Dio che non abbandona mai nessuna
famiglia nella prova. Il cardinale
Bagnasco presidente dei vescovi italiani nel saluto al papa ha sottolineato che
la Chiesa italiana è “in prima linea nella promozione della famiglia” e che il “matrimonio
è oggi una scelta coraggiosa”.
Alberto
Bobbio