San Giovanni Paolo II nel 2000 mentre porta la Croce durante la Via Crucis al Colosseo (Reuters)
È il Papa in persona l’autore delle meditazioni della Via Crucis del Venerdì santo di quest'anno al Colosseo. La prima volta nel suo pontificato. Negli anni scorsi, Francesco - nel solco dei predecessori - ha affidato di volta in volta la stesura dei testi che accompagnano le quattordici stazioni a migranti, vescovi, religiosi, giovani, studenti, coppie di sposi, profughi di guerra, intere famiglie e missionari.
Il tema che il Pontefice ha scelto di sviluppare è “In preghiera con Gesù sulla via della Croce” e, come sottolinea la Sala Stampa vaticana, le meditazioni saranno «un atto di meditazione e spiritualità, con Gesù al centro. Lui che fa il cammino della Croce e ci si mette in cammino con Lui. È tutto molto incentrato su quello che Gesù vive in quel momento ed è chiaro che ci si allarga al tema della sofferenza».
Una decisione che si ricollega all’Anno della preghiera indetto da Bergoglio in preparazione al Giubileo del prossimo anno. Non è la prima volta, però, che un Pontefice scrive di suo pugno le riflessioni che scandiscono le quattordici stazioni della Via Crucis celebrata al Colosseo e in diretta in mondovisione.
Esistono alcuni precedenti, ancorché rari. Nel 2000, l’anno del Giubileo, Giovanni Paolo II scrisse le meditazioni sottolineandone come «in quest'anno giubilare vogliamo riflettere con particolare intensità sul contenuto di quell’evento (la Passione e Morte di Cristo, ndr) affinché esso parli con una forza nuova alle nostre menti e ai nostri cuori, e diventi fonte della grazia di un'autentica partecipazione». Anche due anni dopo, nel 2003, Wojtyla scrisse le meditazioni e nella preghiera iniziale sottolineava il significato di celebrare la Via Crucis al Colosseo: «Abbraccio ideale tra Gerusalemme e Roma», scriveva Wojtyla, «tra la Città amata da Gesù dove egli donò la vita per la salvezza del mondo, e la Città sede del Successore di Pietro, che presiede alla carità ecclesiale. Via Crucis, cammino di fede: in Gesù condannato a morte riconosceremo il Giudice universale; in Lui carico della Croce, il Salvatore del mondo; in Lui crocifisso, il Signore della storia, il Figlio stesso di Dio».
Perché questa scelta di Francesco che, come abbiamo visto, ha alcuni precedenti? «La Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo è un evento suggestivo e molto seguito dai fedeli di tutto il mondo anche grazie alla diretta in mondovisione», spiega Stefano Maria Paci, vaticanista di SkyTG24, «il fatto che il Papa abbia voluto scrivere personalmente le meditazioni è significativo perché ha l’occasione per dire al mondo quello che gli sta più a cuore in questo particolare momento storico molto travagliato e segnato da guerre cruente e cariche di incognite».
Paci sottolinea un altro precedente come quello del 2005 quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger, che di lì a poco sarebbe diventato Papa dopo il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, scrisse le meditazioni della Via Crucis che destarono molto scalpore: «Ratzinger parlò di “sporcizia nella Chiesa”, di “superbia e autosufficienza” da parte di molti sacerdoti», ricorda Paci, «fino ad affermare che la barca della Chiesa appariva come una scialuppa che imbarcava acqua da tutte le parti ed era sballottolata dalla tempesta. Parole durissime che la Chiesa e il mondo compresero molto dopo. Ratzinger si riferiva in particolare alla lotta contro la pedofilia del clero contro la quale prima lui e poi Francesco hanno ingaggiato una battaglia durissima e drammatica».
Benedetto XVI, invece, non ha mai scritto di suo pugno le meditazioni quando’era Papa preferendo affidarle a varie personalità come, tra gli altri, il cardinale Gianfranco Ravasi e l’arcivescovo emerito di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen.
Infine, Paci ricorda che nel 2002 Giovanni Paolo II affidò la scrittura delle meditazioni a 14 giornalisti e operatori della comunicazione, di varia nazionalità e tutti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede: «Un modo per vivere il momento della Via Crucis e della Passione di Cristo alla luce dell’attualità e collegarla alle innumerevoli situazioni di sofferenza, dolore e ingiustizia che caratterizzano il mondo».