(In copertina: l'attrice Annette Bening, presidente della giuria della 74° Mostra del Cinema di Venezia; sopra: la giuria al completo)
Fin troppo affollato il cartellone di questa 74° Mostra del Cinema di Venezia, in programma dal 30 agosto fino al 9 settembre. Tra concorso e sezioni parallele, ci sono 32 titoli italiani (ma anche 30 americani e 30 francesi) e ben 38 paesi rappresentati. Un programma elefantiaco che neppure un giornalista in salute riuscirà a seguire integralmente. Comunque, contano i film in corsa per il Leone d’oro che verrà assegnato da una giuria internazionale (tra i membri la nostra Jasmine Trinca) guidata dall’americana Annette Bening. Finalmente una donna. “E’ un onore. Aspetto con impazienza di vedere i film e lavorare coi colleghi giurati”, dice l’interprete di Bugsy e American Beauty, 59 anni, moglie di Warren Beatty e madre felice di quattro ragazzi. “Alle donne spesso si chiede come si organizzino con i figli. Curioso che non lo si chieda mai ai papà. Dettagli che rivelano tenaci pregiudizi. Per questo è importante che stiamo unite e ci sosteniamo nel doppio ruolo di donne in carriera e di madri”.
I signori registi sono avvisati. Peccato che tra i 21 titoli in lizza ci sia solo un film diretto da una donna: Jia Nian Hua della coraggiosa cinese contestatrice Vivian Qu. Se non altro, le quattro pellicole italiane in gara puntano tutte su una figura femminile, affidata ad attrici ben accreditate per la Coppa Volpi. La britannica Helen Mirren, in coppia con l’incanutito Donald Sutherland, è la protagonista di Ella & John (The leisure seeker) primo film girato oltreoceano e in inglese da Paolo Virzì. Molto attesa dai critici, la pellicola del cineasta toscano racconta la fuga in camper, attraverso gli States, di una coppia di anziani: lei lucida e di salute malferma, lui svanito ma in forma. Elegìa di un amore che sfida il tempo, tra toni da commedia e flash drammatici. Su un’altra brava attrice inglese, non più giovane ma affascinante, punta Andrea Pallaoro: Charlotte Rampling è Hannah. “Il ritratto intimo di una donna che non riesce più ad accettare la realtà che la circonda”, spiega il trentacinquenne regista, trasferitosi da Trento a Los Angeles. “Il crollo emotivo di chi si scopre sola. Un film tutto costruito attorno alla Rampling”. Italianissime, invece, le altre due protagoniste. Una canterina Claudia Gerini è la trascinatrice di Ammore e malavita, via di mezzo tra la sceneggiata napoletana e il musical firmata da Marco e Antonio Manetti (i Manetti Bros.). “Siamo molto spaventati di trovarci col nostro film a competere con Clooney, Payne, Aronofsky e Del Toro”, confessa semiserio Antonio. “Quando mio fratello Marco ha saputo che eravamo alla Mostra mi ha chiesto speranzoso: ‘Ma noi siamo fuori concorso, vero?’ ”. Sul versante drammatico, invece, si muove la Maria che Micaela Ramazzotti impersona nel film Una famiglia di Sebastiano Riso. La vicenda di una donna che sforna figli per poi venderli clandestinamente solo per amore dell’ambiguo, fascinoso, fedifrago compagno. Finché un giorno ha un ripensamento. “Sul set, la storia ha coinvolto tutti sul piano emotivo”, ricorda il regista catanese. “Micaela ha fatto un gran lavoro sul personaggio e mi emoziona l’idea di essere parte, con lei e con gli altri, di una vetrina tanto prestigiosa”.
Insomma, una volta tanto non partiamo battuti. Anche se i titoli più accreditati battono bandiera a stelle e strisce. Dal film di apertura
Downsizing di Alexander Payne (già vincitore di due Oscar) all’atteso
Human Flow dell’artista e attivista cinese Ai Weiwei (tema la migrazione umana, filmata in 23 paesi diversi). Ci sono poi
Suburbicon, che George Clooney ha scritto con i fratelli Coen;
First reformed di Paul Schrader;
The shape of water di Guillermo Del Toro;
Mother! del già premiato a Venezia Darren Aronofsky;
Ex Libris: The New York public library del veterano Frederick Wiseman. Fuori concorso faranno di certo montare interesse e discussioni
Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini (con Valeria Golino nel ruolo di una non vedente) e
Dove cadono le ombre di Valentina Pedicini (insospettabile e sconosciuta storia di pulizia etnica in Svizzera) con l’ottantaseienne Elena Cotta, già vincitrice a sorpresa quattro anni fa della Coppa Volpi.