Un film storico ambientato nella Venezia in crisi del XVII secolo, ma anche la storia di un riscatto culturale di chi, relegato ai margini della società, è diventato protagonista sulla scena. Fiction cinematografica, ma anche vera rivincita esistenziale. Venezia salva, pellicola dell’artista lagunare Serena Nono, presentata alla Mostra del Cinema di Venezia, come evento speciale alle Giornate degli autori, è un film liberamente tratto dall’omonima tragedia di Simone Weil, che narra il tentativo di saccheggio della città operato nel 1618 da parte della Spagna.
Il piano per impadronirsi della Serenissima era stato disegnato dall’ambasciatore spagnolo e dal viceré di Napoli e prevedeva l’intervento durante la notte che precede la festa della Sensa di un gruppo di congiurati, guidati dall’ufficiale provenzale Jaffier, capitano di vascello.
Ma proprio poche ore prima l’inizio dell’operazione militare, Jaffier ha un ripensamento e, preso da compassione per le sorti della bellissima città, fa fallire la cospirazione. Alla fine tutti i congiurati vengono arrestati e uccisi.
Questa, in sintesi, la trama. Ma a recitare sul set del film non sono stati attori professionisti, bensì gli ospiti delle comunità veneziana di Sant’Alvise e di Santa Maria dei Battuti di Mestre, ex-asili notturni, ora comunità gestiti dalla “Fondazione Casa dell’Ospitalità” del Comune di Venezia, per poveri e senza fissa dimora. Li ha voluti nel suo cast, assieme ad altri 25 ospiti, la regista, nonché pittrice di fama internazionale. E a vedere in scena, per esempio, il 37enne girovago rumeno, Nicola Golea, pittore disoccupato, muoversi con disinvoltura nella parte del protagonista Jaffier, sembra davvero che l’operazione sia riuscita.
E pensare che quando, lesse per la prima volta il copione, il giovane si spaventò: “Troppo difficile per uno che sta qui da soli tre anni, che non parla ancora un buon italiano”, ammise. Ma decise di non gettare la spugna e finì col mandare a memoria la parte alla perfezione.
Poteva sembrare un azzardo e invece la felice alchimia tra la sensibilità di una creativa e la voglia di rimettersi in gioco di un gruppo di senzatetto ha trasformato per alcuni mesi due ex-dormitori in una fucina d’attori. E quella che fino a un anno fa era solo un’ipotesi di lavoro “ad alto rischio” è diventata una produzione cinematografica che oggi viene premiata con la proiezione alla Mostra del cinema.
Non è la prima volta che Serena Nono mette gli ospiti della Casa davanti
alla cinepresa. Venezia salva rappresenta la terza tappa di questo
insolito, ma felice sodalizio: l’esordio era stato con il documentario Ospiti nel 2007; la seconda prova, invece, era stata il film La Via
della croce, una pellicola che si snoda come una Via Crucis raccontando
le “stazioni” di quei calvari personali che sono le vite di alcuni
“poveri Cristi”, i senza casa della struttura veneziana di Sant’Alvise.
“Tutto è cominciato con l’incontro casuale di due homeless della
comunità di Sant’Alvise. Ho iniziato a frequentarla e poi a condurre al
suo interno un laboratorio di pittura. I film nascono dalla volontà di
raccontare le storie dei senzatetto, per dar voce a chi, in questa
società, non ha voce, sulla proposta di Bruno, uno di loro che oggi non
c’è più”, spiega la regista, figlia del compositore Luigi Nono.
Poi è arrivata la proposta di questo film “storico”, molto più
impegnativo, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche finanziario.
“E’ stata una bella sorpresa, però, la corsa di molti enti cittadini e
privati per sostenere il progetto, chi mettendo a disposizione i luoghi
del set, chi le gondole o i costumi di scena: dalla Fenice alla
Soprintendenza alle Belle arti e i Musei Civici; ma a darci una mano
sono state anche le suore di Sant’Alvise che ci hanno prestato lo spazio
per il magazzino, alla sartoria del carcere femminile della Giudecca.
A
crederci immediatamente sono stati, di certo, Rai Cinema e la “Giano”
di David Riondino, coproduttori del film che hanno coperto con centomila
euro la metà delle intere spese di produzione.
Fascino del cinema? “Certo è stato arduo organizzare un’esperienza come
questa per una fondazione che dipende dai fondi del Comune, e che in
cinque anni ha raddoppiato il numero degli ospiti, 160 oggi, ma a fronte
dello stesso budget di spesa”, afferma Andrea Gabrieli, giovane
direttore della Fondazione. “Ma il guadagno sociale dell’operazione è
incalcolabile. Non fosse altro perché l’immagine del barbone che ne
esce non è quella dello stereotipo negativo”.
Alla fine del film,
abbiamo svelato, la congiura è sventata e Venezia si salva con la sua
bellezza. Ma, soprattutto, le comparse si sono prese una rivincita:
sono diventate protagonisti.