Scontri a Caracas durante le elezioni (foto Reuters).
E' guerra aperta per le strade di Caracas e delle altre città venezuelane. Il voto per l'Assemblea costituente, che si è svolto ieri 30 luglio, è stato segnato dalla violenza: tra sabato notte e domenica negli scontri tra manifestanti anti-Maduro e Guardia nazionale bolivariana sono morte almeno quindici persone. Dall'inizio di aprile, quando l'opposizione ha cominciato una protesta urbana continuativa, le vittime sono almeno 120. Il Paese è ormai completamente allo sbando, ridotto alla fame, esasperato dalla crisi politico-istituzionale e da una emergenza umanitaria gravissima.
Tra i morti, anche un candidato all'Assemblea costituente, ucciso nella sua casa durante la notte da sabato e domenica a Ciudad Bolivar. L'affluenza alle urne è stata bassissima: 41,53%, poco più di 8 milioni di venezuelani hanno partecipato alle elezioni. Secondo l'opposizione, l'astensione è arrivata all'87%. In ogni caso, la bassa partecipazione è un segnale chiarissimo del crollo del consenso per il presidente Maduro.
Ma il Governo di Caracas prosegue ostinatamente diritto per la sua strada, parlando delle elezioni come di un "successo storico" del chavismo e ignorando il vasto malcontento fra i cittadini: da oggi il Venezuela avrà un Parlamento composto esclusivamente da rappresentanti chavisti pro-Maduro, che non sarà riconosciuto né dall'opposizione coalizzata nella Mesa de unidad democratica (Mud) né tantomeno dai settori critici del chavismo - come la procuratrice generale Luisa Ortega Díaz - che accusano l'attuale Governo di tradire l'eredità politica di Hugo Chávez, il presidente bolivariano con il sogno della rivoluzione socialista del XXI secolo che il "delfino" Maduro non è riuscito a equiparare in carisma e statura politica.
Un seggio elettorale a Caracas (foto Reuters).
Obiettivo delle elezioni del 30 luglio è quello di comporre una Assemblea con il compito di scrivere una nuova Costituzione, che sostituisca la cosiddetta "Carta Magna" del Venezuela adottata alla fine del 1999 per referendum popolare e fortemente voluta dall'allora presidente Chavez (la prima Costituzione venezuelana, tra l'altro, a riconoscere i diritti delle popolazioni native). Con la nuova Assemblea - composta da 545 deputati, tutti chavisti e fedeli all'attuale Governo - viene smantellata l'Assemblea nazionale (il Parlamento) scaturita dalle elezioni legislative di dicembre 2015, che hanno clamorosamente consegnando la maggioranza dei seggi all'opposizione (99 seggi su 167 alla Mesa de unidad democratica, solo 46 al Partito socialista unito del Venezuela di Maduro) .
Mentre il Governo prosegue con il progetto di riforma, il Venezuela si chiude in un isolamento sempre più asfittico dal resto dell'America latina e della comunità internazionale: Messico, Colombia, Perù e Argentina hanno annunciato di non riconoscere il risultato delle elezioni; il Cile parla di voto "illegittimo". Gli Stati Uniti, dal canto loro, oltre a condannare le violenze, optano per la linea più dura: secondo il Wall street journal Washington sta valutando l'imposizione di sanzioni contro l'industria petrolifera venezuelana. Se questo avverrà, le conseguenze economiche per il Paese già allo stremo saranno devastanti.
(Foto Reuters in alto: alcuni oppositori fronteggiano la Guardia nazionale bolivariana)