«Passare dalla violenza contro i simboli alla violenza sulle persone, il passo è breve. La storia è piena di precipitazioni repentine dalla farsa alla tragedia». Nasce da qui “Verona che dialoga”, appello lanciato in questi giorni di Natale, da una decina di associazioni della società civile (Cestim - Centro studi immigrazione, Arci, Asgi-Associazione studi giuridici immigrazione, Centro pastorale immigrati, Cesaim-Centro salute immigrati, Cgil, Emmaus, Movimento nonviolento, Nigrizia, Pax Christi, Progettomondo Mlal), al quale se ne sono aggiunte via via altre, fino ad oltrepassare l'ottantina di adesioni. Un appello introdotto da un lascito di Martin Luther King, “Non ho paura della violenza dei malvagi, ma del silenzio degli onesti”, che vuol essere un'apertura al dialogo, ma anche una dichiarazione di intransigenza “nel denunciare penalmente chi si rendesse responsabile di reati violenti”.
Recentemente, in alcuni paesi della provincia di Verona, i toni si sono alzati, sono diventati aggressioni verbali e poi atti di violenza. In qualche caso ci sono stati roghi di suppellettili destinate all'accoglienza, striscioni, poi proteste, fino alla proposta di suonare il clacson ogniqualvolta si incontra una persona che può essere identificata come richiedente protezione internazionale. Situazioni che, per gli estensori dell'appello, sanno di apartheid.
“Un legittimo e civile confronto, anche con opinioni diametralmente opposte, sul fenomeno migratorio presente sul territorio, è cosa ben diversa dall'uso e la giustificazione della violenza, del razzismo, della xenofobia”, si legge nell’appello. “Alcuni recenti episodi di roghi avvenuti nella provincia veronese hanno il sapore tetro e sinistro delle azioni punitive delle squadracce fasciste che avvenivano negli anni Venti del secolo scorso”.
«Noi crediamo in un dibattito che non faccia ricorso alla violenza», ha detto don Giuseppe Mirandola, direttore dell’Ufficio diocesano Migrantes e Centro Pastorale Immigrati Verona. «L'ha chiesto papa Francesco, e anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha accennato a questo clima di odio, presente anche nel contesto politico dove le parole si sprecano in termini di animosità e faziosità. Come comunità cristiana stentiamo un po' a contrastare questa deriva, perché per tanto tempo siamo stati silenziosi. Adesso recuperare non è semplice. Anche all'interno delle parrocchie, anche da parte di alcuni sacerdoti, c'è una visione superficiale e semplicistica del fenomeno migratorio. Questo appello è un primo passo, ma non basterà. Bisogna lavorare per formare le persone, educarle, creare una nuova mentalità».
L'appello fa “nomi e cognomi”: “Il movimento montante contro l'arrivo dei migranti”, continua il testo, “è capeggiato da un gruppo di professionisti della protesta di piazza che si fa chiamare ‘Verona ai veronesi’. Sigla antistorica. Sappiamo tutti che Verona è tale solo perché frutto di mescolanze e ibridi storici. Fondata dai Romani, è stata poi teatro di conquiste e dominazioni di ogni tipo: dai Veneziani ai Francesi, dagli Spagnoli agli Austriaci. Come tutte le culture, anche quella veneta è cresciuta grazie alle contaminazioni. In fondo siamo tutti dei ‘bastardi’. Il purosangue veronese non esiste da millenni. Ma al di là del fatto culturale, c'è da dire che dietro la sigla si nascondono, nemmeno tanto velatamente, personaggi della destra estrema, in odore di fascismo e persino nazismo. Lo sanno bene le Forze dell'Ordine chiamate a controllare e reprimere episodi di illegalità. Ci stupiamo che settori importanti sia dell'imprenditoria che della politica locale, non abbiano ancora preso le distanze da gruppuscoli di questo tipo, e stiano invece lentamente scivolando verso un dirupo molto pericoloso”.
«È evidente che c'è un comitato che organizza manifestazioni laddove si prospetta l'apertura di un centro di accoglienza straordinaria», spiega Matteo Danese, direttore Cestim. «Si tratta di gente organizzata, in odore di estrema destra, che qualche volta riesce a coinvolgere gruppi di cittadini. Questo perché molti cittadini sono impauriti, e questa paura diffusa, crea disastri. Attenzione, però, che la situazione nel Veronese è complessa. Chi si riconosce in queste sigle di destra è una piccola parte, ma molto rumorosa, molto organizzata che copre il silenzio dei più. Molti non vanno in piazza contro i migranti, non intervengono. È a loro che ci rivolgiamo, ai silenti, che non prendono posizione, è un silenzio non ostile, ma che rischia quasi di venire associato a chi alza la voce contro i migranti. Infine - va detto - c'è anche una parte che privatamente cerca di attivarsi per facilitare l'inserimento dei richiedenti asilo, o che aiuta il vicino di casa immigrato».
Tutti d'accordo sul fatto che “le attuali leggi come la Bossi-Fini sono inadeguate e superate. E anche le normative per l'accoglienza e la distribuzione sul territorio possono e debbono essere migliorate”. «All'interno di questo schieramento di associazioni», continua Danese, «non tutti hanno la stessa opinione su come dev'essere gestita l'accoglienza. Ma un conto è dialogare sul come, un altro conto è rifiutare a priori e passare a proposte violente».
“In una situazione così delicata e fragile”, conclude l'appello (rispetto al quale a breve i promotori decideranno su quali tavoli dovrà approdare), "la cosa peggiore da fare è esacerbare gli animi, soffiare sul fuoco, aizzare la piazza (...). Il fenomeno migratorio che arriva in Europa è un fatto storico, e durerà ancora per decenni. Lo si può giudicare come si vuole, ma nessun muro, nessuna barricata, nessun filo spinato lo fermerà. L'unica cosa saggia da fare è cercare di governarlo qui da noi, e nel contempo cercare di rimuovere le cause all'origine (dalle guerre fino alle variazioni climatiche). Ma intanto c'è da attrezzarsi oggi per non trovarsi impreparati domani”.