La mossa di Napolitano ha impresso un’accelerazione al corso della politica italiana. Il resto lo stanno facendo i mercati. Il Colle si avvia a nominare il neosenatore a vita Mario Monti alla guida di un Governo di salvezza nazionale che dovrebbe unire Centrodestra e Centrosinistra nel sostenere una nuova maggioranza.
Gli investitori hanno già rallentato la cessione di titoli di Stato, abbassando l’ormai famigerato
spread. Vuol dire, indirettamente, che i mercati danno disco verde alla nomina dell’ex commissario europeo chiamato a salvare il Paese dal baratro, mettendo in pratica quell’agenda di provvedimenti che la Bce e l’Unione ci chiedono per rendere più affidabile la nostra situazione debitoria.
Ora non resta che attendere la risposta del Parlamento. I più convinti della scelta di Napolitano sono Casini, Rutelli e Fini, ovvero il Terzo Polo. Quel Terzo Polo pronto a raccogliere lo smottamento dei deputati del Pdl in libera uscita dopo le dimissioni del loro leader. Anche Bersani e il suo Pd sembrano favorevoli a un Governo del Presidente. Quanto a Berlusconi, che ha controfirmato il decreto di nomina a senatore di Monti, sembra che si sia convinto di questa opzione, che tra l’altro prevede la nomina di Letta a vicepresidente.
Sa che il suo Pdl, già in preda a spinte disgregatrici, finirebbe per implodere. I sondaggi gli dicono che il ricorso alle urne non si risolverebbe proprio con un successo: anche molti suoi elettori potrebbero travasare nel Terzo Polo e addirittura Nel Centrosinistra. Inoltre la salvezza finanziaria del Paese sta a cuore anche all’azionista di maggioranza dell’impero Mediaset (le cui azioni ieri hanno lasciato sui mercati il 12% del loro valore).
E così stavolta il conflitto di interessi si risolve a favore di un governo che eviti la strada delle urne: anche il Cavaliere infatti tiene a che il Paese non precipiti nel baratro e salvi le sue aziende. Contrari a un Governo Monti sono due partiti per certi versi speculari: la Lega e Di Pietro. Il Carroccio è già chiaramente in campagna elettorale. Saranno i suoi elettori a decidere se ricordarsi o no che fino a un secondo fa erano al governo con dei loro ministri e con Tremonti (che ormai potrebbe divenire tema di una delle puntate del programma della Sciarelli,
Chi l’ha visto?).
Q
uanto a Di Pietro, preferisce giocare la carta delle elezioni e del populismo piuttosto che quella della responsabilità nazionale. Il suo partito è anticiclico rispetto al Pd: sa che un governo di larghe intese potrebbe appiattirlo a favore dell’eterno amico-nemico Bersani. E così preferisce proseguire con la logica del tanto peggio tanto meglio. L’attuale legge elettorale, peraltro, lo favorisce.