Neanche il tempo di sedersi che Aldo squaderna un foglio: «Qui sono scritte le cose che non puoi chiederci». Per esempio? «Tutto ciò che ha a che fare con lo spettacolo. Prova a fare una domanda». Rifarete lo sketch degli svizzeri? «Non posso rispondere. Come fa un artista a spiegare il suo lavoro? Mi sa che sei venuto qui per niente». Ma ci avete invitato voi! «Anche questo è inspiegabile».
Ok, abbiamo capito, bisogna stare al gioco. Aldo riprende: «Lo stesso vale per la mia presenza qui. Io avrei dovuto fare l’operaio alla Sip per tutta la vita. E invece…». E invece entra Giovanni. Aldo lo guarda e poi lo fulmina: «Io comunque ho sofferto prima di arrivare qui. Lui invece non ha mai lavorato in vita sua». Giovanni non replica. Poi arriva anche Giacomo con un altro foglio con le date del The best of Aldo, Giovanni e Giacomo, lo spettacolo con cui da marzo 2016 il trio festeggerà i 25 anni di carriera, riproponendo i personaggi e gli sketch più divertenti. Giovanni: «Questo spettacolo che mette l’accento sui nostri 25 anni insieme è particolare anche perché noi per il pubblico non abbiamo età, forse perché molti nostri personaggi richiamano i cartoni animati. Pdor figlio di Kmer è sempre lui, anche se adesso ho i capelli bianchi». Giacomo: «Sarà una festa in cui molti avranno modo di vedere per la prima volta personaggi che finora hanno potuto apprezzare solo su Internet, perché quando li abbiamo fatti a teatro o in Tv erano troppo giovani».
giovanni il geco
Come gli arbitri reclusi negli spogliatoi per ripararsi dalla furia dei tifosi con cui si presentarono a Mai dire gol. Giacomo rivela: «All’inizio Aldo faceva l’arbitro e noi due i guardialinee, ma dopo qualche settimana non sapevamo più cosa inventarci. Finché Giovanni non ha avuto l’idea di trasformarsi in un geco appiccicato sul muro. E lo sketch è decollato». Giovanni: «Ero legato con delle corde a un muletto posizionato dietro il muro. Insomma, era pericolosissimo e facevo una fatica bestia per resistere lassù. Oggi non ce la farei mai». Aldo: «In questi anni, quando abbiamo avuto delle difficoltà, lui ha sempre trovato una soluzione. Per questo tra noi la spartizione dei soldi funziona così: 33% a me, 33% a Giacomo e 34% a lui».
Oltre a fare l’arbitro, Aldo fa anche il tifoso di suo figlio. Con esiti non proprio edificanti: «All’ultima partita, non ce l’ho fatta a resistere, mi sono messo a bordo campo per incitarlo meglio: “Dài, passa questa palla!”. A un certo punto si avvicina il mister e mi ordina: “Per favore, vuole uscire?”».
Sono stati i suoi due compari a spingerlo a parlare con un forte accento siciliano. Giacomo: «Gli abbiamo detto: sei nato a Palermo? Allora fai il terrone!». Giovanni: «Il punto è che lui non ci credeva». Aldo: «Certo. Sono nato a Palermo, ma ci siamo subito trasferiti a Milano. Per cui per me era molto difficile parlare in siciliano. Alla fine ho pensato di non usare il dialetto, ma di esasperarne la cadenza. E ha funzionato».
Basta passare un po’ di tempo con loro per capire che i tre sono davvero grandi amici. Giacomo: «Ormai ci conosciamo bene e ciascuno di noi sa qual è il confine dell’altro che non deve mai essere valicato». Eppure non è sempre stato così. Giovanni: «All’inizio eravamo solo io e Aldo. Quando Giacomo si è unito a noi per un po’ ne ho sofferto. Pensavo che Aldo volesse sostituirmi con lui». Giacomo: «Davvero? Pensa che invece io temevo che alla fine non mi avreste preso».
precisi e “cialtroni”
Quando si ritrovano per mettere a fuoco un nuovo progetto, i tre usano una ricetta che, parole di Giovanni, «è un misto di rigore e cialtroneria. All’inizio cerchiamo di essere molto puntigliosi, ma poi, inevitabilmente finisce tutto in caciara». Giacomo: «Però secondo me è proprio a quel punto che tiriamo fuori il meglio da noi stessi. Meno male che riusciamo ancora a divertirci, a improvvisare, altrimenti saremmo finiti da un pezzo».
Eppure qualcosa in questi 25 anni è cambiato. Giovanni: «Non solo il fisico, ma anche la creatività non è più quella di prima. Anche perché per molto tempo per noi c’è stato solo il lavoro insieme. Che ora resta sempre la nostra attività principale, ma ciascuno di noi ha anche altri interessi». Aldo: «C’è anche da dire che molti nostri colleghi tendono a rifare più o meno sempre le stesse cose, magari con qualche battuta nuova. Noi invece abbiamo proposto a teatro spettacoli sempre diversi, oltre ai film e alla Tv. Per questo, dopo 25 anni, abbiamo bisogno di più tempo per elaborare idee nuove».
Aldo e Giovanni, quindi, non sono invidiosi di Giacomo che, oltre a fare l’editorialista per il quotidiano La Stampa, scrive libri (l'ultimo, appena pubblicato da Mondadori, è il romanzo Al Paradiso è meglio credere). Aldo: «Io la vedo così: nel nostro campo abbiamo già dato. E quindi a questo punto se uno di noi ha delle cose da dire e da fare in altri campi è bello che ci provi. E poi Giacomo la passione per la scrittura l’ha sempre avuta. Mi ricordo quando mi ha ospitato per sei mesi a casa sua: era sempre lì a passarmi foglietti di cose che aveva scritto. Mentre Giovanni ha sempre avuto delle velleità come spacciatore…». Giovanni: «Sì, mi sarebbe piaciuto, ma non ci sono mai riuscito». Giacomo: «Non eri abbastanza credibile...».
Quindi i tre non escludono per il futuro altri “tradimenti”, come quello di Aldo che nel 2009 recitò nel film Baarìa di Giuseppe Tornatore. Giacomo: «Non credo che ci filerà più nessuno». Giovanni: «La verità? Quando lavoriamo con altri non ci troviamo mai così bene come quando siamo tra noi».