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giovedì 22 maggio 2025
 
Papa Francesco al Colosseo
 

La Via Crucis dell'umanità

18/04/2014  Detenuti, malati, senza fissa dimora, disoccupati, bambini, famiglie... Al Colosseo sfila l'umanità sotto il peso del legno della Croce. Ma con la speranza di un Dio vicino che non abbandona, ricorda monsignor Giancarlo Maria Bregantini che ha scritto le meditazioni di quest'anno.

Papa Francesco durante la celebrazione della Via Crucis (Reuters).
Papa Francesco durante la celebrazione della Via Crucis (Reuters).

E' la croce portata dal genere umano quella che sfila, pesante, al Colosseo. Operai e imprenditori, immigrati, detenuti, senza fissa dimora, ragazzi di una comunità di recupero, malati, bambini, religiosi, famiglie, una rappresentanza della Custodia di Terra Santa per mantenere il legame con i natali di Gesù, anziani, donne. Nelle quattordici stazioni della via Crucis, aperte e chiuse dal cardinale vicario Agostino Vallini, vengono ricapitolati i dolori dell'umanità. Ma insieme anche la speranza, la gioia, la tenerezza.

Monsignor Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, chiamato quest'anno a scrivere le meditazioni lette da Virna Lisi e da Orazio Coclite, ha dato un'impronta fortemente calata nei problemi dell'umanità. A cominciare dalla prima stazione, Pilato che abbandona Gesù alla folla. E la condanna superficiale, veloce, «i preconcetti che chiudono il cuore e si fanno cultura razzista, di esclusione e di "scarto", con le lettere anonime e le orribili calunnie». Parla di allora, ma parla di oggi monsignor Bregantini quando chiede se noi sappiamo avere «una coscienza retta, trasparente, che non volga mai le spalle all'innocente, ma che si schieri, con coraggio, in difesa dei deboli , resistendo all'ingiustizia».

Nella seconda stazione, la croce diventa il «pesante legno della crisi». E la meditazione parla delle «ingiustizie che hanno prodotto la crisi economica, con le sue gravi conseguenze sociali: precarietà, disoccupazione, licenziamenti, un denaro che governa invece di servire, la speculazione finanziaria, i suicidi degli imprenditori, la corruzione e l’usura, con le aziende che lasciano il proprio paese.
Questa è la croce pesante del mondo del lavoro, l’ingiustizia posta sulle spalle dei lavoratori». Nella terza stazione, «la fragilità che ci apre all'accoglienza», sono un uomo e una donna immigrati che prendono la croce per ricordare che è Gesù a darci la forza di «non chiudere la porta a chi bussa alle nostre case chiedendo asilo, dignità e patria».

Ma è la quarta stazione, quella più cara a monsignor Bregantini, perché è quella «in cui Gesù incontra la Madre. Vi ho visto la mia mamma, ho visto ogni mamma, ho visto - in particolare - le mamme accanto ai letti dei figli». Una stazione che, in particolare il vescovo ha voluto dedicare alle mamme che hanno perso i figli per i tumori nella Terra dei Fuochi. Nelle lacrime di Maria ci sono «le lacrime di ogni mamma per i figli lontani, per i giovani condannati a morte, trucidati o partiti per la guerra, specie i bambini-soldato. Vi sentiamo il lamento straziante delle madri per i loro figli, morenti a causa dei tumori prodotti dagli incendi dei rifiuti tossici». Mamme trepidanti, legge Orazio Coclite mentre la croce è retta da due giovani di una comunità di recupero, «per i giovani travolti dalla precarietà o inghiottiti dalla droga e dall’alcol, specie il sabato notte!». E poi ancora, nella quinta stazione, la croce passa a due uomini senza fissa dimora, gli occhi lucidi, che ascoltano il momento in cui Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce. Nella sesta è una famiglia con i suoi tre figli e poi è la volta di due detenuti per meditare «sull'angoscia del carcere della tortura».

Due donne, invece, nell'ottava stazione ripercorrono il dramma della violenza sulle donne, della schiavitù, dello sfruttamento, donne che invece «vanno amate come un dono inviolabile per tutta l'umanità». Non manca nessuno nel lungo percorso che ricorda la via Crucis di Gesù, neppure i malati con il loro grido: «il grido dei morenti, dei malati terminali, degli oppressi sotto il giogo», o i bambini. Non cita espressamente gli abusi, ma monsignor Bregantini ricorda, mentre la croce viene portata da tre minori, che «in Gesù innocente, denudato e torturato, riconosciamo la dignità violata di tutti gli innocentti, specialmente dei piccoli» e spiega che «Dio è irrevocabilmente e senza mezzi termini dalla parte delle vittime».  Nell'undicesima stazione è la volta di due anziani, mentre la voce narrante ricorda quanti sono inchiodati «a un letto di dolore, negli ospedali, nelle case di riposo, nelle nostre famiglie». Si torna a parlare di malattia e di sofferenza: «La malattia non chiede permesso», scrive il vescovo, «Giunge sempre inattesa. A volte sconvolge, limita gli orizzonti, mette a dura prova la speranza. Amaro è il suo fiele», soprattutto se siamo soli, se non c'è chi ci ascolta, che siede sul nostro letto, qualcuno che, per amore, prenda su di sé le nostre infermità.

Una folla ancora più numerosa di quella dello scorso anno segue la seconda via Crucis di papa Francesco. I maxi schermo sono posizionati fino a piazza Venezia, il Papa presiede dall'alto. Tutte le candele accese, un grande silenzio mentre la croce continua a passare di mano in mano. E' la volta dei custodi di Terra santa per la XII stazione, quella delle sette parole di Gesù che muore in croce. Una meditazione che si conclude con la frase «in Dio, ogni frazione si compone in unità», la stessa frase che monsignor Bregantini si sentì dire dalla sua professoressa di matematica, malata di tumore, al termine di una visita nella quale aveva letto le sette parole di Gesù. «All'inizio era quasi arrabbiata, con l'aria di dire "questo mi viene  a raccontare le solite cose mentre io muoio", invece alla fine, dopo aver ascoltato le sette parole così come vengono dette in questa stazione, si è illuminata e mi ha detto queste parole che ho ricordato».

Infine le due ultime stazioni: una affidata alle religiose, con la loro «quotidiana fraterna missione di consolazione consegnata nel fedele abbraccio tra Gesù morto e la sua Madre Addolorata» e l'altra, nuovamente, al cardinale Vallini: Gesù è consegnato nel sepolcro. «La morte ci disarma», conclude l'ultima meditazione, «ci fa capire che siamo esposti a un’esistenza terrena che ha un termine. Ma è davanti a quel corpo di Gesù, deposto nel sepolcro, che prendiamo coscienza di chi siamo. Creature che, per non morire, hanno bisogno del loro Creatore». Ma «il silenzio che avvolge quel giardino ci permette di ascoltare il sussurro di una brezza leggera: "Io sono il Vivente e sono con voi". Il velo del tempio è squarciato. Finalmente vediamo il volto del nostro Signore. E conosciamo in pienezza il suo nome: misericordia e fedeltà, per non restare mai confusi, nemmeno davanti alla morte».

 Prima della benedizione finale papa Francesco prende la parola. Un intervento non previsto per dire che la croce è pesante, ci sono tutti i dolori, le sofferenze, i tradimenti, c'è «il dolore per l'arroganza dei falsi amici. Era una croce pesante come è pesante la notte delle persone abbandonate, come la morte delle persone care. Ma è anche una croce gloriosa. Nella croce vediamo la mostruosità dell'uomo quando si lascia guidare dal male, ma vediamo anche l'immensità della misericordia di Dio che non ci tratta secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia». Il Papa incoraggia: «Di fronte alla croce di Gesù vediamo, fino quasi a toccare con le mani, quanto siamo amati. Di fronte alla croce ci sentiamo figli e non oggetti. E sappiamo che il male non avrà l'ultima parola, l'ultima parola è dell'amore, della misericordia».

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