Papa Francesco assorto durante le meditazioni della via Crucis (foto Reuters)
Custodi per amore, gli uni degli altri. Custodi di noi stessi, dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in difficoltà, custodi dei perseguitati. Il filo conduttore delle meditazioni della via Crucis affidate al vescovo emerito di Novara, monsignor Renato Corti, "La croce, vertice luminoso dell'amore di Dio che ci custodisce. Chiamati a essere anche noi custodi per amore", si snoda per le quattrodici stazioni che animano il Colosseo. E non si può non pensare che proprio questo fu il teatro della persecuzione dei primi cristiani mentre si prega, alla seconda stazione, con le parole di Shahbaz Bhatti, il ministro per le minoranze pakistano che, la mattina del 2011, fu assassinato da un gruppo di uomini armati. «Ricordo un venerdì di Pasqua», si legge nel suo testamento spirituale, «quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita».
A portare la croce, dopo il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, tre famiglie, religiose e religiosi, malati. E poi persone provenienti proprio dai Paesi scossi dalla violenza e dalla guerra, Paesi dove i cristiani vivono in difficoltà: dalla Siria, dalla Nigeria, dall'Iraq, dall'Egitto, dalla Cina, dalla Terra Santa.
un momento della via Crucis al Colosseo (foto reuters)
Dopo aver ricordato, nella prima stazione che «siamo fragili nella fede», nella seconda si ricorda, appunto, le persecuzioni: «In questi giorni, vi sono uomini e donne che vengono imprigionati, condannati o addirittura trucidati, solo perché credenti o impegnati in favore della giustizia e della pace», si legge nelle meditazioni. Nella terza stazione c'è il proposito di «non somigliare al fariseo che loda se stesso ma al pubblicano che non osa nemmeno alzare il capo». Nella quarta si prega per il Sinodo sulla famiglia e si ricordano «i tanti drammi familiari presenti nel mondo». Nella quinta stazione si sottolinea «l'amore come sorgente di speranza», mentre nella sesta sono protagoniste le donne, con il loro «genio femminile che ci sprona a vivere la fede con affetto verso Gesù». L'ottava è dedicata alla «tristezza nell'abisso di molte anime, ferite dalla solitudine, dall'abbandono, dall'indifferenza, dalla malatia, dalla morte di una persona cara», mentre l'ottava stigmatizza «la cecità dell'umanità nei confronti di Cristo» e la nona «la tiepidezza dei cristiani rispetto all'amore di Dio che è un mistero di fuoco».
La decima stazione denuncia gli «avvenimenti che violano la dignità dell'uomo» e «le situazioni tremende del traffico di esseri umani, dei bambini-soldato, del lavoro come schiavitù, dei ragazzi e adolescenti feriti nella loro intimità e barbaramente profanati». Nell'undicesima ci si interroga su «quando sarà abolita la pena di morte, ancora oggi praticata in numerosi Stati? Quando sarà cancellata ogni forma di tortura e la soppressione violenta di persone innocenti?». Nella tredicesima si ricordano «le sofferenze e le speranze del giusto»; nella tredicesima il ruolo della «Chiesa della misericordia, chiamata a essere povera e amica dei poveri». Infine, nella quattrodicesima, si ricorda la Madonna, che «parla al nostro cuore» e che «dà consolazione a coloro che attraversano giorni bui».
Al termine della via Crucis, seguita in raccolta devozione da una folla immensa attorno al Colosseo, il Papa ha pronunciato una toccante invocazione a Dio ricordando le ferite di Cristo sofferente in cui l'umanità perseguitata, tradita e che tradisce si ritrova. Ha riparlato dei cristiani «perseguitati e crocifissi sotto i nostri occhi e spesso con il nostro silenzio complice». E poi, rivolgendosi direttamente al Signore, ha parlato della «crudeltà della tua passione nella quale vediamo la crudeltà delle nostre azioni» e ha ricordato «tutti gli abbandonati dai familiari, dalla società, quanti sono privati della solidarietà».
«Portaci a pentirci per i nostri peccati che ti hanno crocifisso», ha detto papa Francesco. E ha chiesto al Signore che possa «portarci a trasformare la nostra conversione fatta di parole in conversione di vita e di opere» e a farci ricordare sempre il suo volto sfigurato per «non dimenticare mai l'immane prezzo che hai pagato per liberarci».
E, dopo aver chiesto «di rafforzare la fede, perché non crolli di fronte alle tentazioni, la speranza ché non si smarrisca seguendo le seduzioni del mondo» e di custodire «in noi la carità ché non si lasci ingannare dalla corruzione e dalla mondanità», papa Francesco si è rivolto a Cristo perché ci insegni che «la croce è via alla resurrezione, che il venerdì santo è strada verso la Pasqua dell'annuncio». A Lui ha chiesto: «Insegnaci che Dio non dimentica mai nessuno dei suoi figli e non si stanca mai di perdonarci e di abbracciarci con la sua infinita misericordia, ma insegnaci anche a non stancarci mai di chiedere perdono e di credere nella misericordia senza limiti del Padre».