Non è un caso che la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta arrivi nel bel mezzo del Giubileo della Misericordia. La decisione era già nell’aria, la firma decisiva del Papa è arrivata il 17 dicembre scorso con il riconoscimento del miracolo e la promulgazione del decreto. L’apostola degli ultimi – che le folle degli indù seguivano per baciare la terra dove aveva posato i suoi sandali – sarà dunque santa. Probabilmente il 4 settembre 2016 anche se la data precisa sarà fissata nel prossimo Concistoro. La guarigione straordinaria è avvenuta il 9 dicembre del 2008 e riguarda un uomo, oggi quarantaduenne, ridotto in fin di vita da «ascessi multipli cerebrali con idrocefalo ostruttivo» e già «sottoposto a trapianto renale e in terapia con immunosoppressori», come recita la diagnosi. Un miracolo incredibile, dal punto di vista scientifico, come emerge dalle carte della causa di canonizzazione.
All’epoca dei fatti l’uomo miracolato, ingegnere di professione, aveva 35 anni e si era da poco sposato. Aveva cominciato il suo calvario nei primi mesi del 2008. Alla fine dell’anno gli vennero diagnosticati otto ascessi al cervello. Le cure ospedaliere non sortirono alcun effetto e il quadro clinico precipitò ulteriormente a causa dell’insorgere dell’idrocefalìa. L’intervento avrebbe dovuto scongiurare la morte imminente. Il 9 dicembre, già in coma, il paziente entrò in sala operatoria. A causa di problemi tecnici l’intervento venne però rinviato. Fatto ritorno in sala operatoria, dopo solo una mezz’ora di assenza, il chirurgo trovò sorprendentemente il paziente seduto, sveglio, senza più i sintomi della malattia, che, ritornato perfettamente cosciente, gli chiese: «Cosa ci sto a fare qui?».
Il medico nella sua deposizione ha riferito di non aver «mai visto un caso come questo e che casi simili a questo in 17 anni di professione sono tutti deceduti. Non posso dare una spiegazione scientifico-medica». I successivi esami hanno confermato il ristabilimento definitivo della patologia cerebrale e in breve tempo l’uomo ha potuto riprendere il suo lavoro e la sue normali attività.
Nella tempesta di quelle ore convulse e drammatiche è la Suora di Calcutta che viene invocata. «Dite a Madre Teresa che lo curi», sussurra la sposa dell’uomo chiedendo ai conoscenti di pregare per la guarigione. In quella mezz’ora di attesa dell’intervento la donna e gli altri familiari si riuniscono nella cappella dell’ospedale per invocare la mistica della carità che a quelle che volevano seguirla in vita prometteva ciò che già lei stessa viveva: miseria, umiliazioni, tuguri invece di case, fatiche disumane, lavori ripugnanti, contatto quotidiano con la malattia e la morte, disprezzo sociale, anche violenze e, se necessario, martirio.
All’esame collegiale della Consulta medica, il 10 settembre scorso, la risoluzione della malattia era stata dichiarata all’unanimità scientificamente inspiegabile con sette voti positivi su sette. Unanime anche il successivo voto dei consultori teologi che, secondo la prassi, sono chiamati a esprimere e a redigere il proprio voto sulla perfetta connessione di causa ed effetto tra l’invocazione univoca alla beata Madre Teresa e l’improvvisa guarigione.
Infine, il 15 dicembre scorso il caso di guarigione straordinaria è stato sottoposto alla valutazione finale del congresso dei vescovi e cardinali della Congregazione per le Cause dei Santi, i quali dopo aver ascoltato l’esposizione di un "ponente" hanno espresso il loro giudizio pienamente positivo da sottoporre all’approvazione del Papa. È stato questo l’ultimo, decisivo gradino della procedura di giudizio nella fase romana del processo sul miracolo, iniziato nel giugno di quest’anno nella diocesi di Santos in Brasile e che porterà la beata Madre Teresa agli onori degli altari della Chiesa universale.