«L’ingiustizia in un luogo qualsiasi è una minaccia per la giustizia ovunque», diceva Martin Luther King. Ne è convinta la rete di associazioni, con capofila Spazio Solidale Arci, che ha lanciato a Verona Diritti per le nostre strade (www.dirittiperlenostrestrade.it), un progetto di informazione, sensibilizzazione, condivisione per promuovere dignità e giustizia, trasformandole in concrete strategie di cambiamento sociale. Fa parte dell’iniziativa un laboratorio permanente dal titolo “Regimi di legalità e pratiche di cittadinanza”, rivolto soprattutto a volontari, operatori, insegnanti e articolato in cinque tappe.
La presentazione del ciclo di incontri di Verona.
L’universo del carcere
La prima – cui seguiranno gli appuntamenti del 26 marzo (povertà e diritti privati), 23 aprile (lavoro e diritti precari), 21 maggio (scuola e diritti svalutati), 18 giugno (finanza e diritti sacrificati) – è stata tutta dedicata al carcere. «Sono le zone intermedie tra diritti e abusi a condizionare la vita dei detenuti», denuncia Paolo Bottura, volontario dell’associazione Ripresa responsabile, da anni attiva per promuovere un’altra cultura della pena. «Il carcere rimane un mondo a parte, un’istituzione totale, dove vigono i principi di separazione, isolamento, negazione. Spesso diventa una scuola di delinquenza, dove i detenuti non sono più persone».
Non sempre questo risulta evidente, alla luce del sole. «La violenza che il carcere esercita non è stata eliminata, ma solo mascherata, disinfettata. Non lascia traccia, ma si insinua gradualmente». E sono proprio i diritti, secondo Bottura, «a fare la differenza. Un vero salto di qualità non passa attraverso corpi gestiti con più attenzione. Occorre andare oltre la richiesta di più docce, carta igienica, cibo, spazi, attrezzature, medicine. Va distinta la soddisfazione dei bisogni di base dall’essere cittadini a pieno titolo, individui».
Una questione che in apparenza riguarda solo chi è dietro le sbarre, ma che coinvolge, in realtà, tutto il tessuto sociale, diventando paradigma, cartina di tornasole della società stessa. «Quando riusciamo a metterci dalla parte dei poveri, dei perdenti, dei senza voce, dei vinti, possiamo percepire il carcere come la reificazione di un sistema che sconfigge tutti, anche chi non è recluso», osserva Bottura.
Dalla teoria alla pratica
Al termine del ciclo di incontri, «si giungerà alla definizione di un vocabolario dei diritti, capace di esprimere le sfumature che ci sono tra rispetto e violazione», spiega Giovanni Ceriani, responsabile del progetto. «Oltre a questo, si completerà un “manifesto dei diritti” da sottoporre alla cittadinanza e alle realtà associative del territorio. Infine, si indicherà una lista di proposte pratiche di cittadinanza attiva e si cercherà di favorire la nascita di reti sociali di mutuo-aiuto».