La scorsa primavera sono stati celebrati i 150 anni dalla nascita del musicista che nella considerazione collettiva incarna la figura del direttore d’orchestra: Arturo Toscanini. Ma per un gioco del caso in questo 2017 ricorrono anche i 50 anni dalla morte di un altro gigante italiano del podio: Victor De Sabata (Trieste, 1892 - Santa Margherita Ligure, 1967).
L’“apollineo” Toscanini è stato a volte contrapposto al “dionisiaco” De Sabata. In realtà entrambi seppero spaziare su repertori cosmopoliti, furono grandi interpreti di Wagner, ebbero una leggendaria conoscenza della tecnica esecutiva e furono protagonisti di spettacoli memorabili. Ed entrambi furono legatissimi al Teatro alla Scala: De Sabata in particolare ne diresse l’Orchestra dal 1929 al 1957 (e fu anche Direttore artistico per un periodo) ed inventò la tradizione ancora oggi rispettata di inaugurare la nuova stagione d’opera il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio patrono della Città. Egli, oltre ad essere un eccellente compositore, fu un vero demiurgo del podio, capace di scavare nel profondo delle partiture per creare atmosfere musicali che lasciavano col fiato sospeso.
Come carattere Victor De Sabata, persona coltissima e raffinata, fu molto diverso da Arturo Toscanini: schivo e riservato, non amava le esposizioni mediatiche, non desiderava essere intervistato, non voleva fotografie, non cercava le prime pagine. E, purtroppo, non fu nemmeno propenso ad incidere dischi.
Colpito da un grave problema al cuore a metà degli anni ‘50, egli abbandonò il podio, consapevole di non disporre più della sicurezza necessaria e si ritirò a Santa Margherita Ligure, di fronte a quel mare che amava, così come amava le navi e tutta la musica: “Sì, mio padre ascoltava tutto, jazz compreso, ed era curioso nei confronti dei juke box che allora cominciavano a diffondersi. Quando sentiva un suono qualsiasi ne individuava l’altezza, ma guai a fare baccano in casa, o rumori a tavola con le posate, che lui definiva chincaglieria”. Così lo descrive la figlia Eliana (il cui marito Aldo Ceccato ha registrato “Il mercante di Venezia”, una bellissima partitura del suocero). Eliana ha smosso mare e monti per ricordare questo suo straordinario papà. E, lei che lo ha seguito per il mondo, ama ricordarlo in casa: “viaggiava sempre, e noi dovevamo lasciarlo studiare. Ma ci seguiva, ed era affettuoso con me. Una volta scrisse una lettera alla direttrice della Marcelline dove studiavo per assicurarle che una mia assenza era stata provocata da una mia reale malattia. Era anche severissimo: per lui l’unico voto che meritasse la lode era il 10. Ma a me non capitava mai!”.
Quanto all’insegnare la musica ai figli (lei ed il fratello): “No, non voleva. Non voleva che nessuno suonasse in casa, perché temeva la mediocrità. Non era insomma un papà al quale si potessero tirare i pantaloni per indurlo a giocare, ma come dimenticare quelle giornate trascorse ad assistere le sue prove in teatro?”.
In vista dell’imminente “7 dicembre” Riccardo Chailly ha deciso di dedicare la serata inaugurale alla memoria di De Sabata. Ed il Museo ha allestito la mostra “Victor De Sabata – una vita per la Scala - per ricordarlo (12 novembre – 7 gennaio). Ma è Franco Fantini, violinista in orchestra sin dal 1942, il solo al mondo a poter dire di aver suonato con lui. In un intervista del 2015 ci disse: “è stato unico. Passava da un autore all’altro con grande disinvoltura. Sempre elegante, anche nel vestire. Per me è stato il più grande di tutti”.