Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 25 aprile 2025
 
 

Chianti e Prosecco scaldano l'America

08/02/2012  Il vino italiano Oltreoceano va fortissimo e non conosce crisi. E anche il Prosecco ha un grande successo: negli Usa tutti pazzi per le bollicine.

Nonostante la crisi economica, e i 90 dollari di biglietto d’ingresso, l’edizione 2012 del Wine Expo di Boston è stata un successo, con circa 10 mila visitatori all’assalto degli oltre 250 espositori presenti. Essendo quella bostoniana la prima grande fiera enologica dell’anno, il 2012 conferma che il vino, soprattutto straniero, in America non conosce crisi.


Le cifre più recenti dell’Istituto del commercio con l’estero (Ice) relative ai primi nove mesi del 2011 registrano una crescita nelle importazioni Usa che nemmeno gli anni più neri dell’economia sono riusciti ad arrestare. Fino a settembre dell’anno scorso, gli americani hanno comprato vino straniero per circa 3,5 miliardi di dollari, dei quali 1,1 (quasi un terzo) dall’Italia. L’anno prima nello stesso periodo l’import totale era stato di circa 3 miliardi, e nel 2009 di 2,8. Mentre l’economia generale registrava una delle frenate più brusche dal dopoguerra, l’importazione di vino continuava a crescere di almeno il 12% l’anno. E, con essa, la quota dell’Italia, stabile intorno al 30% del totale, con i francesi ormai relegati al secondo posto (25%) anche in fatturato, dopo esserlo stati tradizionalmente solo in quantità. Molto staccati gli altri Stati. In calo l’Australia, scesa, dopo il boom dei primi anni 2000, al 12% del mercato; crescono Argentina e Cile con il 6% a testa e la Spagna che, raddoppiando le vendite nel giro di un anno, ha quasi raggiunto i due Paesi sudamericani.

«Prosecco is on fire!», ovvero va come un treno, afferma Lila Khan, rappresentante di Mionetto Usa, marchio leader del vino frizzante italiano negli Usa. E il treno delle “bollicine” italiane, da queste parti, sembra inarrestabile. Nell’ultimo anno le vendite di Prosecco sono salite del 40%. «Dieci anni fa eravamo sconosciuti. Oggi non ci confondono nemmeno più con gli spumanti », aggiunge la Khan. «Paradossalmente, con un prezzo medio di soli 12 dollari a bottiglia, la crisi ci ha aiutati». Ma, in tempi di recessione, nemmeno i più famosi possono permettersi di abbassare la guardia. «Il marchio bisogna saperselo giocare», avverte Rolando Bernacchini, titolare della ditta Alimenta che rappresenta alcuni tra i più noti produttori senesi di Chianti Classico.

«Con più di 350 imbottigliatori di vino con lo stesso nome, il rischio di inflazione, o peggio di confusione, è sempre in agguato». «I risultati arrivano nel tempo, con calma», riflette Francesco Cazzolla, direttore commerciale del gruppo De Padova, azienda pugliese che raccoglie olive e uve di 2 mila piccoli produttori trasformandole, rispettivamente, in olio extravergine e nei sempre più popolari vini Primitivo e Negramaro. «Nella zona di San Francisco il nostro olio sta generando 400 mila euro di fatturato annuo. Con il vino stiamo tentando di fare lo stesso. La cosa più difficile è trovare chi sa vendere, e soprattutto spiegare la differenza tra prodotto originale e contraffatto».

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo