A Luciano Violante, che fu presidente della Commissione antimafia dal 1992 al 1994, in piena turbolenza-Tangentopoli, chiediamo un commento sull’elezione di Rosy Bindi alla presidenza della commissione, avvenuta ieri tra molte polemiche: «Beh, io direi che guardando come sono state distribuite le responsabilità sui problemi riguardanti l’ordine pubblico, questa è un’elezione ineccepibile. Il ministro dell’Interno è Angelino Alfano, del Pdl; Annamaria Cancellieri, proposta da Scelta civica, è il ministro la giustizia; alla Difesa c’è Mario Mauro, anch’egli di Scelta civica. Era singolare che il partito più numeroso in Parlamento, il Pd, non avesse una sua responsabilità nel settore».
La solita logica di spartizione, dunque…
«No, assolutamente no. La logica è quella della distribuzione di responsabilità. Fare, cioè, in modo che tutte le forze presenti in Parlamento possano concorrere complessivamente all’indirizzo politico di questa materia e - mi scusi - ma era davvero strano che sulla sicurezza proprio il Pd non fosse presente, vista la sua lunga esperienza nel settore».
Ma era proprio Rosy Bindi il nome giusto da proporre?
«Su questo non commento».
Nonostante Bindi abbia detto, in passato, che di mafia non ne sa molto?
«Ma Rosy è una persona autorevole della politica italiana da tempo, è stata presidente del nostro partito, e in passato è stata vicepresidente della Camera, quindi i numeri ci sono tutti. E poi, le persone bisogna vederle all’opera, prima di giudicare».
Però 25 voti su 50 non sono un bel segnale…
«Io non ho capito perché il Pdl non abbia partecipato al voto. Noi non abbiamo eccepito su Alfano ministro dell’Interni e vicepresidente del consiglio, né sui nomi dei ministri di giustizia e difesa. Così, allo stesso modo, non si può eccepire se il Pd presenta una delle sue persone migliori come candidata alla presidenza della commissione antimafia. Io spero, naturalmente, che questa situazione si ricomponga perché altrimenti saremmo tutti più deboli nella lotta alle mafie. Inoltre, non va dimenticato che ci sono ancora altre presidenze di commissioni da nominare, come quella delle ecomafie, anch’essa molto importante. Insomma, non so se il Pdl possa ritenersi scarsamente rappresentato ma di certo non aver partecipato al voto è un errore e un segno di divisione che non aiuta».
Dunque, come lo vede il bicchiere? Mezzo pieno o mezzo vuoto?
«Spero che la frattura si ricomponga e credo che anche la presidente Bindi lo voglia. Mi auguro che lo si faccia al più presto per evitare che nessuno esca sconfitto o diminuito nella sua reputazione».
Quanto è cambiato lo scenario della lotta alla mafia rispetto ai tempi in cui era lei il presidente della commissione?
«Oggi la dimensione è più pervasiva per alcune mafie rispetto ad altre. Penso alla ’ndrangheta,che si sta caratterizzando come più forte al nord e all’estero rispetto alla Calabria. Prima il fenomeno era più ridotto, magari era più violenta in Calabria ma meno presente altrove. Da questo punto di vista la situazione è peggiorata. Però è migliorata la nostra capacità di risposta. Abbiamo un eccellente capo della direzione nazionale antimafia, un magistrato che conosce a fondo questi temi e che ha un’altissima capacità professionale, che si aggiunge al riserbo che lo caratterizza. Riserbo e capacità professionale sono le due doti che fanno di un magistrato un’eccellenza . C’è, poi, da mettere a fuoco il tema del sequestro delle ricchezze: confischiamo troppo poco rispetto a quanto sequestriamo. Noi confischiamo il 20% dei beni sequestrati; questo vuol dire che restituiamo nell’80% dei casi. Magari, in certi casi può essere giusto, però, in sostanza, vuol dire che non si sequestra a ragion veduta».
Ai suoi tempi, in Parlamento ce n’erano così tanti di inquisiti o di presunti collusi con le mafie? Voglio dire che oggi il compito di Rosy Bindi non può diventare più complicato?
«Oh, beh, nessuno gira col distintivo e dunque questo è un calcolo difficile da fare. Devo dire che io sono stato presidente della commissione antimafia ai tempi di Tangentopoli. Tempi troppo diversi da quelli odierni. L’importante è che l’azione della commissione si svolga senza guardare in faccia a nessuno».