Virginia Kaladich, presidente Fidae
Le scuole paritarie stanno morendo. Il covd19, particolarmente per loro, è stata una mazzata: molti istituti non hanno le risorse per adeguarsi alle nuove misure non avendo un ombrello economico pubblico. «È quello che abbiamo denunciato subito, soprattutto nel momento in cui sono arrivate le prime misure del Governo per far fronte all’emergenza: nel Cura Italia si sono completamente dimenticati di noi ed anche nella prima bozza del Decreto Rilancio non c’era assolutamente nulla per le scuole paritarie» commenta Virginia Kaladich, presidente Fidae (federazione delle scuole paritarie cattoliche). «Quando abbiamo, finalmente, letto il testo in Gazzetta Ufficiale abbiamo letto che per fortuna è stato inserito qualcosa: 65 milioni di euro per i servizi educativi e le scuole dell’infanzia paritarie (comunali comprese) e 70 milioni di euro per le scuole paritarie primarie e secondarie. Certo quelle di Conte sono briciole se pensiamo che le scuole paritarie sono quasi 13 mila su un totale di 53 mila scuole e che per la scuola statale sono destinati 1,5 miliardi di euro».
Lei guida una federazione che ha immediatamente organizzato una task force formata da docenti che si sono messi a disposizione in modo assolutamente spontaneo e gratuito, attraverso dei meeting e degli incontri online, per sostenere tutte le scuole; persino con un meeting dedicato alla scuola dell’infanzia ed uno alla disabilità e l’inclusione.
«Sì, questo è davvero la nota positiva in mezzo a un periodo davvero difficile. L’emergenza, in modo dirompente, ha imposto modalità nuove di fare scuola, in particolare con la cosiddetta “Didattica a distanza”. Posso dire che la stragrande maggioranza dei docenti, con grande passione educativa, ha cercato di dare il meglio. Non eravamo preparati, non c’erano modelli consolidati a cui far riferimento. La Fidae si è attivata prima di tutto per non perdere il legame con i nostri studenti e per tenere fede a quel patto educativo che ci è stato affidato dalle famiglie. Per questo abbiamo prima di tutto organizzato dei webinar di formazione per i docenti per sostenerli nell’offrire un servizio qualitativamente più alto e che cercasse di rendere la didattica a distanza funzionale e coinvolgente.
Due mesi e mezzo in cui le fragilità si sono ampliate...
«Purtroppo sì in molti casi; per questo abbiamo subito pensato di realizzare anche webinar dedicati alla disabilità, alla relazione educativa nei tempi del Covid-19 tra emergenze ed opportunità, ma poi ne abbiamo fatti diversi su altre materie più “classiche” come la matematica e la lingua straniera, a cui abbiamo aggiunto dei meeting con tematiche più trasversali, per esempio dedicati alla comunicazione efficace o alla relazione affettiva. La task force è stata un punto di riferimento per tutta la scuola, perché i nostri webinar sono aperti a tutti, noi ci sentiamo parte integrante del sistema scolastico pubblico, oltre ad esserlo per legge da ormai 20 anni, e ci muoviamo sempre pensando al bene di tutta l’istruzione italiana. Adesso abbiamo più elementi per fare scuola da settembre 2020, certamente la didattica sarà rinnovata! L’emergenza sarà pur servita a qualcosa!»
Le vostre scuole pagano anche una discriminazione culturale che non gli permette piena cittadinanza: scuole “private”, di classe, diplomifici per “asini d'oro”. È così?
«Purtroppo la discriminazione è figlia di un pregiudizio di molta politica che negli anni è sempre stato alimentato ed è un dispiacere vedere come anche in questo momento di emergenza i circa 900mila alunni e i 160mila docenti delle scuole paritarie siano stati considerati ancora una volta di serie B: nel Cura Italia non c’era praticamente nulla per i nostri istituti e anche nella prima bozza del Decreto Rilancio mancava la voce paritarie. Fortunatamente nel testo che abbiamo letto in Gazzetta l’altro ieri è stato inserito qualche fondo sia per le scuole dell’infanzia che per quelle con alunni fino a 16 anni. È un primo passo in avanti, ma le risorse messe a disposizione per le paritarie (circa 110 milioni) sono davvero briciole, soprattutto se consideriamo che per la scuola statale sono stati previsti 1 miliardo e mezzo di aiuti. Per quanto riguarda i diplomifici purtroppo è stato un problema, ma queste realtà non ci appartengono, anche se devo dire che è un fenomeno sempre meno frequente»
Essì che voi non chiedete privilegi: solo il riconoscimento del vostro ruolo e il diritto alla libertà di scelta educativa.
«Proprio così, le scuole paritarie rappresentano per l’Italia un patrimonio culturale, una ricchezza che è un valore aggiunto per tutto il nostro sistema educativo, molti istituti hanno alle spalle secoli di storia e in tanti luoghi d’Italia sono le uniche scuole del territorio. Insomma, rappresentiamo il 23% delle scuole italiane, siamo una fetta importante, non siamo quegli istituti d’élite che troppo spesso alcune narrazioni sbagliate raccontano ma anzi, senza un aiuto da parte dello Stato, rischiamo di trasformarci in quello perché a chiudere saranno proprio quegli istituti più popolari, che praticano rette basse e che rischiano di non riaprire già dal prossimo settembre. A perderci sarebbero tutti: lo Stato, che dovrebbe prima di tutto trovare nuove strutture e nuovi docenti con una spesa annua aggiuntiva di circa 6 miliardi di euro; i contribuenti, che naturalmente pagherebbero di tasca loro questo esborso; le famiglie, che perderebbero un diritto sancito dalla Costituzione (e confermato dalla legge 62 del 2000), quello della libertà di scelta educativa, che è un grande patrimonio culturale che i nostri istituti rappresentano.
A settembre si calcola che saranno almeno 30 mila i docenti appartenenti alle scuole paritarie destinati a perdere il lavoro. È così?
«Le stime sono sempre difficili da fare ma posso dirle che tanti istituti già in questi mesi si sono trovati in grosse difficoltà perché giustamente gli stipendi sono stati pagati ma tante famiglie invece, a causa della pandemia, si sono trovati con un genitore improvvisamente in cassa integrazione o con una forte riduzione dello stipendio e quindi non hanno pagato le rette. Anche per questo, oltre a un fondo speciale, una delle richieste che abbiamo fatto a gran voce a questo Governo è proprio la detraibilità totale delle rette che le famiglie hanno pagato e pagheranno».
La Cei chiede di usare per il sostegno alle scuole paritarie la quota del suo otto per mille: cosa ne pensa?
«I vescovi italiani ci sono sempre stati vicino, soprattutto in questo momento hanno rilanciato e rafforzato le nostre richieste al Governo e al Parlamento e desidero ringraziarli a nome di tutti gli istituti della Federazione. La proposta Cei di istituire borse di studio per la scuola secondaria di I e II grado è un altro segnale importante e un riconoscimento di tutto il lavoro che è stato svolto in questi mesi di pandemia ed è anche un atto concreto per gli studenti più svantaggiati, quelli che magari si sono trovati in una situazione di fragilità e che hanno dovuto fare salti mortali per seguire la didattica a distanza. Sono questi i lampi di luce in un periodo buio che, però, ci ha fatto ripensare e rivedere molti aspetti della scuola che abbiamo l’occasione, tutti insieme, di cambiare per dire ai nostri ragazzi che li stiamo aspettando a braccia aperte e #vogliamofarescuola».