Si fa presto a dire «fretta». «Ce lo insegnano i Vangeli e in genere i libri del Nuovo Testamento, occorre distinguere, c’è una “fretta” buona” e una fretta “cattiva”», sorride don Michele Falabretti, 55 anni, bergamasco, responsabile del Servizio nazionale di pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana (Cei). «Lo precisa papa Francesco spiegando il tema scelto per la prossima Giornata mondiale della gioventù (Gmg) che si celebra a Lisbona, in Portogallo, dal 1° al 6 agosto: “Maria si alzò e andò in fretta”. Quella manciata di versetti di Luca custodisce l’eco della visita che la Vergine ha fatto a santa Elisabetta; dettano il ritmo, offrono il senso e indicano lo scopo della festa del 31 maggio. La fretta “buona” ci spinge sempre verso l’alto e verso l’altro. La fretta “non buona”, invece, ci porta a vivere superficialmente, a prendere tutto alla leggera, senza impegno né attenzione».
Il viaggio che evoca la pagina della Visitazione ha una meta fisica, iscritta nel tempo e nella geografia, ma ha anche una meta metaforica, spirituale, che riguarda tutti e attraversa la storia. «La Madonna», riprende don Falabretti, «raggiunge Ain Karim, un paesino a circa 6 chilometri da Gerusalemme. Quando Maria finalmente arriva a casa di Zaccaria ed Elisabetta, avviene un incontro meraviglioso. Elisabetta, ci ricorda il Papa nel suo Messaggio per la prossima Gmg, sperimenta su di sé un prodigioso intervento di Dio, che le ha concesso un figlio in età avanzata. Avrebbe tutte le ragioni per parlare prima di sé stessa, ma non lo fa perché è protesa ad accogliere la giovane cugina e il frutto del suo grembo. Appena sente il suo saluto, Elisabetta è colmata di Spirito Santo. Queste irruzioni dello Spirito avvengono quando viviamo una vera ospitalità, quando al centro mettiamo l’ospite, non noi stessi».
Una Gmg con un tema come questo non può che spronare le nuove generazioni a rendersi protagoniste di cambiamenti personali e collettivi. «L’ha detto Francesco convocando l’incontro, l’abbiamo ribadito preparando le giornate di Lisbona», puntualizza don Falabretti: «è tempo di ripartire in fretta verso incontri concreti, verso una reale accoglienza di chi è diverso da noi, come accadde tra la giovane Maria e l’anziana Elisabetta. Solo così potranno essere superate le distanze tra generazioni, classi sociali, etnie, categorie di ogni genere. E solo così si potrà porre fine alle guerre. I giovani sono sempre speranza di una ritrovata armonia per l’umanità frammentata e divisa. Ciò è possibile soltanto se hanno memoria, solo se ascoltano i drammi e i sogni degli anziani. “Non è casuale che la guerra sia tornata in Europa nel momento in cui la generazione che l’ha vissuta nel secolo scorso sta scomparendo” ha voluto sottolineare di recente Jorge Mario Bergoglio. C’è bisogno dell’alleanza tra giovani e anziani per non dimenticare le lezioni della storia, per superare le polarizzazioni e gli estremismi di questo tempo difficile».
Non è la prima Gmg che ha un’anima profondamente mariana. «Già nel 1991», ricorda don Falabretti, «Karol Wojtyla diede appuntamento nella sua Polonia, presso il santuario di Czestochowa, celebre per la Madonna nera che custodisce. Il Muro di Berlino era caduto neppure due anni prima. Arrivarono, tra gli altri, 60-70 mila russi, liberi per la prima volta di uscire dai confini, ma con pochissimi spiccioli in tasca. Dal 2003, poi, la Croce del pellegrino, costruita nel 1983 e diventata il primo simbolo delle Giornate mondiali della gioventù, è accompagnata dall’icona della Madonna Salus Populi Romani. Anche la raffigurazione della Vergine col Bambino in braccio è stata introdotta da san Giovanni Paolo II come simbolo delle Gmg. Suscita una certa emozione sapere che in questo mese di maggio i due simboli percorrono le strade della diocesi di Leiria-Fatima. Per tornare al rapporto tra la Madonna e le Gmg in tempi più vicini a noi rammento l’appuntamento di Panama, svoltosi dal 22 al 27 gennaio 2019 con un tema tratto anch’esso da Luca: “Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola”. Ma ad essere sinceri ogni Gmg ha avuto risvolti mariani, anche le più lontane come quelle svoltesi a Denver (Usa, 1993), Manila (Filippine, 1995), Toronto (Canada, 2002), Sydney (Australia, 2008). È successo con sottolineature diverse (chi ospita, ispira), ma con un unico comun denominatore: Maria convoca tutti sotto la Croce, ci fa fare esperienza di Chiesa, mostra con semplice tenacia cosa significhi credere nonostante e oltre le avversità».
Maria ha molto da dire ai giovani. «È modello di chi si muove, rifiutando di rimanere immobile davanti allo specchio a contemplare la propria immagine o “intrappolato” nelle reti», osserva don Falabretti. «Soprattutto è la prova vivente che Dio s’affida all’uomo. Ieri. Oggi. Sempre. L’Onnipotente va da una ragazzina e le dice: “Ho bisogno di te”. Una vera e propria iniezione di fiducia. Proprio ciò che manca alle nuove generazioni. Ma c’è anche un’altra lezione...».
Quale? «La fisicità», risponde don Michele Falabretti. «La Visitazione segue l’Incarnazione. Dio dimora nel ventre di una donna. Non è idea astratta. È corpo. È sangue. È sguardo. È voce. Quale potente antidoto all’aridità di una tecnologia sempre più fredda, onnipresente e aggressiva. E ciò rimanda in qualche modo alla devozione popolare. Che stiamo tutti riscoprendo e valorizzando, a partire dai lavori del Cammino sinodale. Certo, bisogna vigilare sulla devozione popolare che va costantemente purificata, ma quanta fede custodiscono i nostri santuari, cominciando da quelli mariani. Lo dico io, uomo del Nord, guardato con sospetto perché considerato mezzo protestante eppure nato e cresciuto all’ombra del santuario dell’Addolorata, vanto del Borgo Santa Caterina, cuore antico di Bergamo. Non bisogna vergognarsi del bisogno insopprimibile del corpo. È vero: Gesù proclama beato chi crede senza toccare, ma non per questo rimprovera san Tommaso, ritorna a distanza di una settimana, gli permette di mettere le mani nel costato e nelle ferite. Tutto questo sarà approfondito nelle catechesi d’agosto e dai discorsi del Papa».
Quanti italiani andranno in Portogallo? «In Quaresima e dopo Pasqua le adesioni hanno subito un’impennata», conclude don Michele Falabretti. «A oggi abbiamo 60 mila iscritti. Come a Cracovia nel 2016. Più dei portoghesi. Siamo secondi dopo gli spagnoli che praticamente giocano in casa. Ovviamente non è una gara. È un momento di Chiesa. Che, per non essere un fuoco di paglia, deve saper coltivare, una volta tornati a casa, relazioni profonde nate in tempi dilatati (giorni e giorni intensi vissuti insieme), in spazi ristretti (pullman, ostelli, palestre), cementate da una fede comune ma declinata in lingue e culture diverse. Se partiamo in tanti è perché molte diocesi, molte parrocchie, molti movimenti, gruppi, associazioni hanno curato le varie età , evitando di lacerare la catena educativa. Non si spiegano i 60 mila iscritti alla Gmg di Lisbona senza i 70 mila adolescenti che il 18 aprile 2022, Pasquetta dello scorso anno, hanno affollato Piazza San Pietro, convinti da genitori, catechisti, sacerdoti e suore che li seguono. Il costante lavoro degli educatori fatto all’ombra del campanile senza aver paura di misurarsi con le domande di senso proprie dei giorni nostri non può che dar frutto».