Il saggio del filosofo coreano Byung-Chul Han, pubblicato nel 2023 da Nottetempo.
di Paolo Piacentini
Il nuovo libro del filosofo coreano Byung-Chul Han, Vita Contemplativa o dell’inazione, si chiude con questa bellissima frase: "Nel regno a venire, quello della pace, l’uomo e la natura si riconciliano. L’essere umano non è altro che un concittadino di una repubblica dei viventi a cui appartengono anche le piante, gli animali, le pietre, le nuvole e le stelle”.
Tradotto e pubblicato da Nottetempo nel 2023, quest’ultimo saggio dell’ormai notissimo filosofo professore universitario a Berlino ci trasporta, attraverso l’analisi del pensiero di importanti filosofi tra cui Hanna Arendt e Novalis, a riflettere sulla necessità di recuperare la dimensione contemplativa. Una contemplazione che in qualche modo deve tornare ad emanciparsi dalla dimensione del fare, da quella “coazione ad agire” che ci ha tolto la possibilità di riprendere fiato e renderci liberi dal dominio del tempo. All’assenza di uno spazio contemplativo sganciato da qualsiasi visione utilitaristica dell’agire, Byung-Chul Han far risalire anche l’odierna crisi della religione che non è legata solo alla perdita della fede ma alla perdita della “capacità contemplativa”.
Una lettura attenta del saggio si presta a varie riflessioni, ma quella di una urgente riconsiderazione del rapporto con il Sé e la natura che passa attraverso il superamento di un IO che isola e ci rende solo apparentemente autentici, è il messaggio più forte che ci viene trasmesso. Byung-Chul Han nell’ultimo capitolo punta l’attenzione su una rivalutazione del romanticismo come recupero di un rapporto profondo con la natura che nasce dal rispetto del suo valore intrinseco, anche di quella parte di mondo che a noi appare inanimata. La natura non più considerata separata da noi ma che diviene nuovamente essenza dell’essere a cui l’umanità appartiene in una dimensione di profonda simpatia.
Dobbiamo tornare a dare del Tu alla natura e “strapparla a uno sfruttamento senza scrupoli”. Sta in questa radicale riconsiderazione del rapporto con la natura l’attualità del pensiero del filosofo coreano. Una nuova relazione con ogni parte del microcosmo che ci circonda che passa attraverso la “contemplazione inattiva”. Essere parte della Natura vuol dire allontanarsi dalla nostra ossessione ad agire come dominatori per entrare in relazione con gli altri esseri animati, in una logica che non è più estrattiva e basata solo sul profitto. In fondo anche i principi dell’ecologia integrale che sono i pilastri dell'enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco sposano, in qualche modo, l’esigenza della contemplazione che precede l’azione. Se riflettiamo sulla conversione ecologica, che è altra cosa da una transizione dominata dalle soluzione tecnologiche, non possiamo non incontrare la necessità di un nuovo sguardo sul mondo. L’assenza della contemplazione segna un distacco dalla dimensione dell’essere a vantaggio del fare con tutte le ripercussioni negative che osserviamo, troppo spesso, nell’utilizzo delle risorse naturali e nella fruizione del territorio.
Paolo Piacentini in cammino in montagna.
Dobbiamo riscoprire la vita come relazione, un compenetrarsi reciproco con l’Altro e la natura per sposare davvero quella conversione tanto cara a papa Francesco espressa nella Laudato Si’ e ripresa con forza nell'enciclica Fratelli Tutti e poi nell’esortazione apostolica Laudate Deum. La “contemplazione inattiva” si esplicita, inoltre, nella celebrazione della festa, nella riscoperta del rito che è ripetizione dei momenti che danno un senso alla vita sganciati dalla necessità dell’agire per produrre. Sempre Byung-Chul Han ci ricorda che: "Nel corso della festa la vita non è più sopravvivenza, mentre invece l’agire rappresenta una chiara forma di sopravvivenza. La festa conferisce alla vita più splendore dell’azione” .
Quando cammino nella natura e tendo l’orecchio al mondo che mi circonda entro nella dimensione dell’inutile che mi permette di ascoltare quel meraviglioso silenzio cosmico ricco di suoni, come scrisse in pagine straordinarie l’indimenticabile padre Ernesto Balducci. Francesco d'Assisi, ricordava Balducci nella sua riflessione sul silenzio, aveva la capacità di dialogare con le cose del mondo perché entrava in una relazione cosmica con tutto il vivente. Abbiamo estremo bisogno di tendere di nuovo l’orecchio e di cambiare lo sguardo sul mondo per tornare ad incantarlo eliminando il rumore che ci impedisce di vivere la dimensione dello Spirito, come ci invita a fare l’illuminato filosofo coreano.
(Nella foto in alto, Paolo Piacentini bacia un albero durante un cammino nei boschi)