Scrivere qualche parola per introdurre alla lettura
dell’agendina di Vittorio Bachelet, anno 1964, mi suscita
tante, diverse e intense emozioni.
Conservo io l’originale di questo documento personalissimo;
l’ho portato con me nei giorni difficili di una
malattia che mi ha posto di fronte alla morte. L’ho
avuta in dono alla vigilia del mio ingresso in ospedale,
da Silvia e da Giovanni Bachelet, che l’avevano ricevuta
a loro volta come regalo di nozze dalla famiglia.
Un oggetto preziosissimo, come augurio e preghiera,
accompagnato da un’invocazione a Vittorio perché in
quel difficile momento facesse il miracolo: quale? La
guarigione? La fede? La forza per affrontare giornate
difficili? L’abbandono alla volontà di Dio? Le persone
che mi sono state vicine in quel momento hanno dato
la loro interpretazione del “miracolo”, nella comune
certezza che Vittorio sarebbe stato intercessore e il miracolo
l’avrebbe fatto: quello di aiutarci a stare nel disegno
di Dio.
Il 1964 è l’anno in cui Vittorio divenne presidente
della Giunta centrale dell’Azione cattolica, incarico
conservato negli anni in cui occorreva mettere mano
al rinnovamento conciliare dell’associazione, darle un
nuovo Statuto e soprattutto un nuovo stile di Chiesa,
una nuova essenzialità, una nuova leggerezza.
Mi ha sempre colpito, in questo testo fatto di poche
parole e di note veloci, la serenità che in esse traspare.
Nel ritmo vorticoso di una vita fatta di viaggi, di incontri,
lezioni, conferenze vi è il filo rosso di una visione
riconciliata della vita, che sa vedere il bene ovunque,
che nelle persone scopre sempre delle risorse, che nelle
lentezze di una vita associativa un po’ spenta coglie il
guizzo, la piccola luce, la disponibilità di una persona,
l’intelligenza di un’altra, le possibilità che una situazione
potrebbe avere nel futuro. Vi è in questi appunti l’eco di una vita cristiana e di
una spiritualità intensamente laicale, che traspare da
qualche accenno discreto, come questo: «Sono giorni
senza riflessione o con troppi pensieri? È ancora lontano
l’equilibrio della giornata piena ma serena, faticosa
ma lieta» (16 marzo).
Ma la serenità si coglie,
profonda, solida pur nelle fragilità e nei desideri irrealizzati.
Qua e là Vittorio trascrive pensieri di papa Giovanni,
pensieri che invitano all’umiltà, alla pazienza,
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alla disciplina per mantenere la pace interiore: «Ogni
giorno nuovo deve avere la sua piccola ansia: e dobbiamo
tenere alla disciplina dello spirito che frena le
impazienze e mantiene la pace spirituale» (16 febbraio).
Fare del bene ai fratelli potrebbe essere la sintesi di
un programma spirituale esigente, che ha il suo perno
in una carità quotidiana, fatta di parole comuni e gesti
semplici: «Quello che ci sarà chiesto è se abbiamo fatto
del bene ai fratelli», scrive Vittorio il 20 aprile.
Vittorio, ancor prima di divenire presidente della
Giunta centrale, è molto coinvolto dalla situazione
dell’Azione cattolica; nei suoi incontri in giro per l’Italia
va in cerca dei segnali che possono generare un’Azione
cattolica nuova, come in questo caso a Udine: «Gran
brava gente e pronta per una AC nuova, più profonda,
più vera, più responsabile, più libera, più operosa».
(22 aprile). E ancora: «Un impegno, una ricerca sincera
del vero e del meglio, una sincerità che non ho trovato
in nessun luogo altrove. Questo conferma che è di qui
che bisogna “ricominciare”» (23 settembre). «Approfondimento,
ricchezza spirituale, carità» (19 aprile).
Rapidi
spunti, che dicono dell’Azione cattolica che verrà, sulla
spinta del Concilio.
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Trovo che questa piccola agenda sia più preziosa di
tanti testi strutturati e complessi. È testimonianza di
una santità essenziale, impastata delle occupazioni
semplici di ogni giorno; pensieri rapidi come un appunto,
dove il Vangelo e la vita sono intrecciati in maniera
così stretta da essere inestricabili.
Una santità così non fa miracoli clamorosi, ma quello
quotidiano e discreto di credere comunque nell’amore
e di insegnare a vivere nella sua scia.