Sopra: il libro "Giovani senza paura" allegato al numero di Famiglia Cristiana in edicola dal 7 ottobre. In alto, l'autore: Vittorio Robiati Bendaud. In copertina: giovani in una città italiana. Foto Ansa.
«Arriviamo dall’epoca del grande buffet»: un immenso supermercato, quello del tutto e subito, della sovrabbondanza e del basso costo. «Ma ora quel buffet è finito». E le conseguenze spesso sono cumuli di macerie. Come uscirne? «Credo che oggi il solo modo per essere credibili e offrire ai giovani un’opzione di futuro sia la serietà. La serietà non è il rigorismo, né il moralismo. E neppure il “muso lungo”, ma è la capacità di fare scelte impegnative». Con il libro Giovani senza paura (edizioni San Paolo), appena uscito, Vittorio Robiati Bendaud (un allievo del rabbino Giuseppe Laras, una figura centrale nel dialogo ebraico-cristiano, coordinatore, tra l’altro, del Tribunale Rabbinico del centro-nord Italia) ci offre una prospettiva di grande originalità. Il suo è un testo che riflette sui giovani da una prospettiva inedita, svegliando interrogativi profondi più e prima che proporre soluzioni. E soprattutto senza mai accontentarsi delle ricette preconfezionate.
Partiamo da un dato di fatto: «La vita» ci dice l’autore, «è sempre stata difficile, per ogni generazione. Basta guardare al Qohelet, per comprenderlo con chiarezza. Oggi però viviamo in un mondo incredibilmente complesso, che è diventato più difficile e che si avvia a diventarlo ancora di più. Così ci troviamo a fare i conti con la difficoltà, qualcosa che non eravamo più abituati a maneggiare e gestire». Davanti a questo scenario i giovani sono spesso disorientati. Sono spaventati. «E la paura chiede di essere ascoltata. Non basta cavarsela con esortazioni o rassicurazioni generiche».
«Sono propenso a credere che i giovani siano stati traditi»: è una frase del libro che troviamo citata in quarta di copertina. Ma in cosa consiste questo tradimento? «Penso» risponde Robiati Bendaud «al progressivo svilimento dell’istruzione pubblica, all’appiattimento dell’istruzione superiore nei licei e, contemporaneamente, al deprezzamento della scuola professionale, come se ciò che si costruisce con le mani non valesse nulla. In questo modo stiamo privando i nostri ragazzi di strumenti indispensabili per orientarsi nella vita, come le capacità linguistiche di base e quelle logico-matematiche». Può sembrare una battuta, ma non lo è: «la crisi della democrazia passa dalla crisi del congiuntivo. Quando, come sta accadendo, aumenta la complessità, essa diventa governabile solo con una solida formazione. Senza cultura siamo esposti a disastri». Ma c’è un tradimento forse ancora più profondo. «E’ quello della svendita. Oggi, sono pochissime, anche in ambito religioso, le istituzioni che hanno il coraggio di spingere i ragazzi verso scelte difficili. Si ritiene che la fuga dei giovani si possa combattere con risposte al ribasso. E questo però non paga, perché chi ha davvero sete non si accontenterà mai di un supermercato in liquidazione».
«Si parla molto del clima» riflette ancora l’autore. «E’ un tema fondamentale, che va preso molto sul serio, perché chiama in causa noi e il rapporto con le generazioni future. Non dimentichiamo, però, che la sfida del vivere si gioca prima di tutto sui rapporti di prossimità: come mi confronto con l’altro? Come vivo il lavoro, il corpo, l’amare, il soffrire? Che persona voglio essere (o che coppia vogliamo essere)? Se sono religioso, quanto e come prego? E che senso ha tutto questo? La partita più importante quasi sempre si gioca nel quotidiano. Ben venga chi sa inquietare su questi temi. Ma spesso, intorno, sento un grande silenzio».
Ma Giovani senza paura non è affatto un libro sulla disillusione, né tanto meno una geremiade sui mali presenti. Tutt’altro. Ci sono metafore di grande potenza. Laureato in filosofia, appassionato di letteratura e di musica, l’autore traccia una strada: è un’idea corale, sinfonica (non a caso, un intero capitolo è dedicato all’orchestra giovanile Cherubini, diretta dal maestro Riccardo Muti). In un ensemble di questo genere, ognuno impara il proprio posto, unico e indispensabile, e nello stesso tempo il rapporto con gli altri, il rispetto, l’ascolto. Grande disciplina e grande libertà. Scelte impegnative, che danno frutti nel tempo. E non si tratta di proposte da intellettuali, per ristrette élite, perché logiche di questo genere si potrebbero applicare con successo a tantissimi ambiti del vivere.
E poi c’è un’idea che, nella mentalità di oggi, appare ancora più ardita: guardare alla Bibbia «un testo difficile, adattissimo a tempi difficili. Contrariamente a quanto si crede, i personaggi biblici, da Davide a Salomone, non sono affatto dei “santini” irreprensibili. Sono persone piene di contraddizioni e zone d’ombra. Ma vivono dentro una relazione. Soprattutto la Bibbia ci insegna la libertà: serissima, fragilissima, esigentissima, da pagare a caro prezzo».
Ma chi sono, in definitiva, questi giovani senza paura? «Ne conosco molti. Sono quelli che sanno fare scelte difficili nel quotidiano, come guadagnarsi da vivere in modo onesto, mettere su famiglia, costruire legami d’amore e d’amicizia il più possibile leali, pur sapendo che gli errori ci sono, per tutti. E nel fare tutto questo devono affrontare un mondo che spesso non li aiuta». Poi ci sono giovani particolarmente coraggiosi: «sì, penso ai ragazzi del centro Italia, colpiti dal terremoto, che ogni giorno si rimboccano le maniche per rimettere in piedi un mondo in pezzi. Oppure penso ai giovani delle nostre campagne e montagne, che resistono, restano lì dove sono nati, per amore e per serietà, inventando strade nuove, facendo fronte a mille problemi. E mentre nessuno si occupa di loro».