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lunedì 07 ottobre 2024
 
 

Vizi capitali: quell'ira funesta

18/12/2012  Sfigura. Porta addirittura a uccidere. Le riflessioni di Enzo Bianchi. E le opere di decine di artisti. Da Giotto a Leonardo...

La collera è uno di quei vizi che, come si dice, “si leggono in faccia”. Il volto di chi ne è preda si sfigura. Come scrive il monaco Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, questo stato d’animo – diverso e peggiore rispetto a una sana indignazione – produce effetti psicosomatici. Fa venire il “fiatone”. Provoca senso di soffocamento.

Nessun artista ha saputo uguagliare Leonardo da Vinci nell’esprimerlo. Così, per esempio, in un disegno preparatorio per la Battaglia di Anghiari (scomparsa sotto un affresco del Vasari a Palazzo Vecchio, a Firenze, e di cui ci resta una copia di Paul Rubens) la collera esplode nel volto e nel terribile groviglio di cavalli e guerrieri che si combattono partendo da fronti opposti.

L’ira è un sentimento pericoloso che può portare a conseguenze estreme. Si può arrivare a uccidere. Il primo omicidio della storia si è consumato tra due fratelli. Per colpa della collera. L’immagine di Caino che ammazza Abele percorre tutta la storia dell’arte, dai mosaici di Monreale del XII secolo ai grandi interpreti di scene bibliche, dal Rinascimento al Settecento, da Tiziano a Tintoretto. I Padri della Chiesa insegnano che occorre governare l’ira prima che diventi odio e generi vendetta.

Ma qual è l’antidoto? Sant’Agostino, nella sua Regola, afferma che bisogna evitare le liti o almeno risolverle al più presto. Se l’offesa poi è reciproca, bisogna sapersi perdonare a vicenda. Altrimenti, come insegna Gesù, come si fa a pregare Dio se prima non ci si riconcilia con il fratello? Nei Vangeli apocrifi un momento bello come le nozze di Maria con Giuseppe viene guastato da un gesto di collera: uno dei mancati pretendenti di Maria spezza il suo ramo che non è fiorito come quello di Giuseppe, il prescelto. Così nel famoso Sposalizio della Vergine di Raffaello, ma anche in quelli di Perugino, Paolo Veneziano, Taddeo Gaddi e Bernardino Luini (santuario di Saronno).

Nell’affresco di Domenico Ghirlandaio che si trova a Firenze, in Santa Maria Novella, il pretendente, fuori di sé, alza addirittura il pugno contro la coppia che sta celebrando il matrimonio. Qualche anno prima Giotto, sulle pareti della chiesa superiore di Assisi, rappresenta l’ira di un padre, Pietro Bernardone, che si scaglia contro suo figlio Francesco, il quale per farsi umile e povero rinuncia all’eredità.

C’è anche una “santa collera”: per esempio quella del Cristo giudice della Sistina di Michelangelo. Una giusta indignazione l’esprimono pure i profeti, primo tra tutti Mosè, che davanti al tradimento del popolo che adora un vitello d’oro spezza le tavole dei Dieci Comandamenti. Leggiamo la collera soprattutto sul volto del Mosè di Michelangelo che si ritrova a Roma, in San Pietro in Vincoli; ma anche altri artisti lo hanno rappresentato: Guercino, Reni, Rembrandt, Chagall.

La guerra è certamente la più terribile dimostrazione di dove possa portare la collera: alla distruzione del genere umano. Se il Vangelo chiama beati gli operatori di pace, l’arte, la storia e persino la mitologia ci mostrano che c’è sempre qualcuno che si pone come intermediario per tamponare gli effetti della collera. Tiepolo, nei suoi affreschi della Villa Valmarana, a Vicenza, ci mostra la dea Minerva mentre trattiene Achille che sta per uccidere Agamennone. Anche tra gli dèi e gli eroi le cose non vanno dunque meglio che tra gli uomini e oggi, nonostante le denunce dell’arte, dalla Fucilazione del 3 maggio 1808 di Goya (1814) al quadro-manifesto di Picasso, Guernica (1937), non abbiamo ancora imparato a spegnere nel nostro cuore quella scintilla di distruzione che la collera nasconde.

 
 
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