Confine fra Ungheria e Serbia. 28 agosto del 2015. È notte. Un migrante cerca di varcare il confine, avvalendosi dell'oscurità per sfuggire ai blocchi della polizia. Apre un varco nel filo spinato. Ecco, il futuro è ad un passo. Nel futuro deve entrare anzitutto il bambino, il figlio, l'indifeso, colui che ha più futuro che passato.
In fondo quel migrante, quell'uomo, quel padre, ha fatto tutto questo per lui. Ha rischiato la vita, magari impegnando tutti i risparmi che aveva, soprattutto per lui, affinché non gli toccasse la stessa sorte maledetta che è è toccata a lui. Corri tu intanto incontro al futuro, io ti seguirò, se potrò.
Era doveroso che il World Press Photo premiasse come foto più "bella" dell'anno uno scatto che narra l'epopea dei migranti. Eppure l'immagine ci commuove, ci tocca, se solo abbiamo voglia di osservarla davvero. Così la descrive l'autore, l'ungherese Warren Richardson. «Quella notte, dopo cinque giorni in un campo profughi ho visto un gruppo di circa 200 persone che si muoveva nascondendosi tra gli alberi, lungo la barriera del filo spinato. Mandavano le donne e i bambini e le persone anziane davanti. Abbiamo giocato tutta la notte al gatto e al topo», ha raccontato il fotografo. «Erano circa le tre del mattino quando ho scattato la foto e non potei utilizzare il flash perché la polizia poteva vedere quella gente. Scattai al chiarore della luna».
Appendiamo questa foto nei nostri cuori. Appendiamola nella aule dei Parlamenti d'Europa.