(Nella fotografia: Edoardo Patriarca, presidente del Centro Nazionale del Volontariato)
La sesta edizione del Festival del Volontariato di Lucca si chiude con la speranza che tra pochi giorni si possa finalmente votare alla camera il testo definitivo della legge delega sul Terzo Settore. Tanti i contenuti di questa edizione e molti anche gli stimoli, le idee, i progetti che prenderanno forma nei prossimi mesi. A Edoardo Patriarca, presidente del Centro Nazionale del Volontariato, che insieme alla Fondazione Volontariato e Partecipazione (Fvp) organizza il Festival abbiamo rivolto alcune domande sull’evento di quest’anno che aveva al centro le città invisibili e i suoi spazi meno conosciuti: «Crediamo importante - ha affermato Patriarca - evidenziare gli spazi invisibili delle nostre città, primo tra tutti quello dei migranti, abbandonati a loro dopo una prima accoglienza e senza supporto logistico; vivono arrangiandosi, in luoghi abbandonati ai margini della società e nelle periferie urbane. Altra “realtà invisibile” è quella costituita dalla solitudine degli anziani, molto isolati nei loro appartamenti e molto spesso privi quasi totalmente di relazioni umane. I detenuti in una situazione grave sotto il punto di vista umano. I giovani disoccupati che hanno smesso di cercare un lavoro, vivono alla giornata, ma anche le giovani coppie con bambini che fanno molta fatica nella quotidianità, magari senza il supporto dei nonni, vivendo la genitorialità nella solitudine e marginalità, senza un rete di supporto. Ma sono “invisibili”, anche se attivissimi i milioni di volontari che ogni giorno si impegnano per gli altri nella nostra società».
E’ incalcolabile la mole di lavoro svolto dai circa 7.000.000 milioni di volontari italiani ogni anno, uomini, donne, ragazzi e ragazze che svolgono seriamente il loro impegno, con umiltà, nel nascondimento evangelico, nel silenzio, forse eccessivo, forse bisognerebbe comunicarlo di più e meglio: «E’ un tema molto importante,- aggiunge Patriarca -, il cuore del Festival che ogni anno organizziamo, il mondo del volontariato per una sua cultura, molto spesso cristiana, è fedele al passaggio evangelico “la destra non sappia che fa la sinistra”. Io credo che il bene vada raccontato con forza, senza presunzione, con semplicità ma sia importante diffondere queste piccole buone notizie. Conoscere le tante opere positive fa bene anche agli altri, anche perché siamo inondati, in modo costante e quotidiano, dalla cattiva notizia. Questo incide anche sulle politiche, sull’agenda politica del paese, fa capire il risparmio economico che il volontariato produce sulla società e il reale peso che in essa comporta».
Un Festival che in diversi convegni ha posto all’attenzione su alcune parole chiavi: partecipazione, cittadinanza attiva, comunità per il bene comune, immigrazione. «Sicuramente va riscoperta la partecipazione e l’amore per la comunità,- continua Patriarca -, bisogna tornare a fare comunità e ricostruire lo spazio comune, lo spazio pubblico. Necessita una partecipazione costruita nella quotidianità sul territorio, con passione costante e non frutto dell’emotiva momentanea. Dobbiamo recuperare il senso della comunità, comunità aperte all’accoglienza degli immigrati, una accoglienza operata con prudenza e saggezza, che tolga spazio alle paure di ipotetiche invasioni. Dobbiamo contrastare i demagogici populismi, le paure disseminate contro il ”diverso” che viene a toglierci qualcosa, non c’è un problema da risolvere ma un fenomeno da gestire, tutti insieme».
La sesta edizione del Festival si è svolta tra il voto del Senato e quello della Camera sull’approvazione della legge delega del Terzo settore. Dopo il lungo e faticoso iter dell’elaborazione legislativa, dopo la marea di emendamenti, forse, siamo quasi arrivati al termine.
«Da una parte speravamo che l’approvazione definitiva potesse arrivare nei giorni del Festival, per poco non è stato così .E’ stato fermo un po’ troppo al Senato che però ha migliorato il teso rispetto a quello della Camera. Non credo ci saranno altri intoppi e si proceda all’approvazione. Spero che il terzo settore coglierà l’occasione che viene data e la sostenga».
Una riforma che contiene punti di forza e lati migliorabili, come ammette anche Patriarca: «Sono contento dell’Art 1, finalmente nel testo di riforma abbiamo la definizione di che cosa è il Terzo Settore, definirlo con chiarezza è stato un passaggio importante. Eviterà abusi di chi non c’entra niente ,con questo ambito, soprattutto in relazione al 5x1000. Mi piace anche la parte riguardante “il servizio civile universale” che offrirà ai giovani percorsi formativi di qualità. Mentre sulla parte riguardante l’Impresa Sociale si poteva osare di più, avere un po’ più di coraggio, superando timori e paure a parer mio ingiustificate, generate soprattutto dall’accostamento della parola “impresa” con sociale. E’ un dato inequivocabile che le cooperative sociali sono nate nel mondo del volontariato».
Il progetto italiano Odysseus, riguardante il progetto di Servizio Civile Universale, è già stato presentato a metà Marzo 2016, forse con largo anticipo rispetto ai tempi di attuazione che avrà la Comunità Europea. «Forse siamo un po’ in anticipo è vero, ma averlo già proposto può dare il tempo di “masticarlo”, comprenderlo e vagliarlo in tutti i suoi aspetti. E’ bello che sia stata l’ Italia a farlo, per un ruolo da protagonista in Europa in questo progetto».
Luigi Bobba, sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, durante il suo intervento, ha auspicato una maggior riconoscimento e organizzazione dei volontari singoli, di coloro che fanno tanto ma per conto proprio, i “battitori liberi”. L’esponente del governo ha sottolineato che “insieme si fa meno fatica e si produce di più”.
I “single del volontariato” sono moltissimi e sarebbero necessarie forme organizzative leggere e flessibili per organizzare il grande lavoro di questa vasta area di volontari. «Questa è una grande sfida,- conclude Patriarca -, in cui il mondo del volontariato organizzato non è ancora preparato. Dobbiamo affrontare questa sfida con forme di organizzazione diversa da quelle finora conosciute. Dobbiamo elaborare forme associative non impegnative, non troppo vincolanti ma che comunque possano organizzare il loro servizio con tutta la flessibilità necessaria».