Va detto: Silvio Berlusconi ha il dono della sintesi. "Pulire i cessi" - espressione usata ieri davanti ai giovani di Forza Italia per parlare del suo possibile affidamento ai servizi sociali in forza a un'associazione di volontariato - è la definizione perfetta di un mondo. Che evidentemente il Cavaliere conosce poco e apprezza meno, tanto da ritenere umiliante l'appello a lui rivolto dalla comunità di recupero di don Mazzi.
La sintesi, ripetiamo, è efficace: si "puliscono i cessi" in comunità di assistenza per malati psichiatrici o tossicodipendenti e in coooperative agricole; in asili nido e cooperative di avviamento al lavoro (quelle di tipo B); in centri per l'ascolto a donne maltrattate e in comunità di accoglienza per adolescenti in difficoltà. Si puliscono cessi perché tutto questo mondo viaggia con i piedi per terra, ha bisogni materiali. E' il mondo di tutti noi. Quello in cui passano le ferite sociali e i tentativi di cucirle. E' il mondo delle sofferenze delle persone comuni e di chi, persona comune, cerca di alleviarle. Ovvio che il Cavaliere ne sia lontano.
Non sappiamo, tanto per dare una cifra, quanto l'ex premier conosca del mondo del volontariato, che secondo l'ultimo rapporto Isfol e Osservatorio nazionale del Terzo Settore impiega circa 12.000 dipendenti e 826.000 volontari, prevalentemente uomini (ma anche tante donne) in età compresa tra i 30 e i 54 anni, diplomati e già occupati. Tuttavia, data la sua professione di uomo di mercato, riteniamo apprezzi che il totale delle entrate delle organizzazioni di volontariato sia pari a 1.630 milioni di euro con un importo medio per unità̀ di 78 mila euro. E che la maggioranza assoluta delle organizzazioni di volontariato (64,8%) si finanzi con entrate di origine prevalentemente privata. L'assistenza sociale, dove appunto il Cavaliere dimezzato da un tribunale della Repubblica potrebbe utilmente scontare la sua "pena alternativa", rappresenta la prima forma di attività, raggruppando il 37% del settore.
Casomai si decidesse, Silvio sappia che nel 51% dei casi avrebbe a che fare con malati traumatizzati, la tipologia di bisognosi a cui il volontariato offre in prevalenza i propri servizi. Non sappiamo quanto più bisognosi o traumatizzati rispetto ai Santanché e Brunetta che quotidianamente lo attorniano.
Ma c'è dell'altro. Si puliscono cessi anche nelle cooperative sociali. Non vorremmo che il Cavaliere equivocasse. Cooperativa non è sinonimo di dopolavoro, di quelli del suo mitico quartiere milanese Isola, dove ha mosso i primi passi di "uomo del fare". Non di dopolavoro ma di lavoro si parla in questo caso. Lavoro a tutto campo. Le 71.500 cooperative sociali italiane, infatti (Rapporto Euricse), operano nei servizi (circa 33.600) e nell'industria (circa 5.100), e tra dipendenti e collaboratori danno occupazione a circa 1,1 milione di italiani.
Certo gli stipendi sono bassi, i rapporti sono resi difficili dalle ristrettezze finanziarie, ma parliamo comunque del 9% dell'occupazione extraagricola di questo Paese. Che, pulendo i cessi (e non ritenendo la cosa affatto umiliante) ha svolto in questi anni quello che gli economisti chiamano "funzione anticiclica". Ovvero ha creato lavoro quando meno, fuori da questo circuito, se ne trovava: nel 2008 anno dello scandalo Lehman Brothers e apice della crisi finanziaria ed economica mondiale sono nate in Italia circa 5.000 nuove cooperative.
In ogni caso, il Cavaliere, un tempo anche "presidente operaio" a tempo perso, stia tranquillo: noi non crediamo che tutta questa gente, tutto questo lavoro si senta offeso dalla frase: "don Mazzi vorrebbe farmi pulire i cessi, mi sento umiliato". Per due motivi: a) non considera umiliante farlo, perché magari non ha 8 colf che lo facciano al proprio posto ; b) ha poco tempo da perdere a seguire le evoluzioni dialettiche di chi vola troppo in alto.
Questa è gente che lavora e produce. Non solo beni ma solidarietà. Che - aiutando il prossimo e guadagnandosi o meno da vivere - crea comunità, innesca legami di cittadinanza, dipana tessuti di reciproco aiuto. Fa integrazione tra gli immigrati invece che parlarne soltanto. Cura a domicilio i pazienti che la sanità pubblica, atterrata da spese un po' allegre, non ha più soldi per ospitare in ospedale. Prova a disintossicare i drogati di gioco d'azzardo, i violenti compulsivi, gli stupratori, i tossicodipendenti che la risacca del tempo delle Olgettine e un ventennio di narcosi collettiva ha lasciato sulla riva (o deriva) della nostra società. Fa tutto questo senza alzare la testa quando qualcuno insulta, perché è stanca anche solo di rispondere. Va avanti, sperando che prima o poi questo brusio fastidioso che da anni gli ronza nelle orecchie si spenga.