Mio figlio Marco, 17 anni, mi lavora ai fianchi per comperare un cane. Ne vorrebbe uno che crescendo diventa piuttosto grosso; mio marito lo appoggia, ma io non sono tanto favorevole. Ho paura che poi dovrò occuparmene io.
Marco mi promette che lo porterà fuori, ma so che poi dovrò fare tutto da sola: come se non bastassero lavoro, casa e famiglia da portare avanti.
ALESSANDRA
La risposta di Fabrizio Fantoni, psicologo e psicoterapeuta
– Cara Alessandra, la sensibilità per l’ambiente e per la natura come insieme di tutti gli organismi viventi, compreso l’uomo, è uno dei motivi della diffusione di animali domestici che vivono nelle famiglie, oggi più di un tempo.
Talvolta si ha l’impressione, però, che gli animali di casa diventino anche “di famiglia”, cioè siano considerati “umani” e quindi portatori di sentimenti ed emozioni che non gli appartengono.
Troppo spesso si vedono persone che trattano i loro animali non solo con affetto e cura, ma anche con l’amore da riservare agli esseri umani. In questo modo non li si rispetta davvero: come non si possono trattare le persone come se fossero animali, non si deve neppure fare il contrario.
Penso che questo dovrebbe essere il primo elemento su cui riflettere con tuo figlio e con tuo marito. Un secondo, più pratico, riguarda la cura dell’animale.
Che non è solo portarlo fuori casa per i suoi bisogni, ma anche occuparsi della sua alimentazione, della pulizia sua e del suo angolo, della sua salute portandolo dal veterinario, della sua educazione mediante un training apposito. Chi se ne fa carico?
Prova a pensare a quanto tuo figlio (e tuo marito) si dedicano alle incombenze familiari di tutti i giorni. Se il tuo ragazzo è già ora poco disponibile, lo sarà molto probabilmente anche nei confronti del vostro cane.