Il mago? «È la persona più onesta
che ci sia. In un mondo in
cui tutti cercano di raggirarti,
lui ti promette di ingannarti
e mantiene sempre la sua promessa». Gioca con una moneta
tra le mani. «La magia diventa arte
quando crea un’emozione». La moneta
scompare.
Walter Rolfo non è semplicemente
un mago. È un artista, un
consulente, un formatore. L’arte
magica, racconta, è millenaria.
«Nell’antichità la prima forma di
intrattenimento era il canto magico,
il capo del villaggio era lo
sciamano, un mago, nel Medioevo
l’alchimista era il consigliere del re. Il
mago deve vivere nel futuro».
Nel suo studio di Torino campeggiano
tre premi incorniciati. «Sono
tre dei quattro Guinness dei primati
che ho conquistato», spiega. Prende
in mano il primo, del 2008: «Il più
alto numero di conigli estratti da un
cappello. L’ho immaginato una notte,
perché io dormo pochissimo, se dormo
troppo mi sembra di perdere tempo».
Ne manca uno, l’ultimo, ancora da
incorniciare. «È il record dello show
di magia con il maggior numero di illusionisti,
battuto con il Campionato
del mondo di magia 2015 trasmesso
poi nel programma televisivo Masters
of Magic andato in onda su Canale 5
lo scorso giugno». Nella sua storia il
Campionato mondiale di magia aveva
toccato un po’ tutti i Paesi. Mai l’Italia.
Rolfo è stato il primo a portarlo da noi.
Nulla è impossibile: è il suo motto
di vita. Torinese, classe 1972, Walter
Rolfo è illusionista laureato in
Ingegneria gestionale, imprenditore,
autore televisivo, conduttore, ideatore
di spettacoli, eventi, dei programmi
Tv di magia per Rai, Mediaset e
Sky. Con il docu-show Arcana, su Rai
2, nel 2006 ha riportato la magia
sul piccolo schermo dopo 25 anni,
rivoluzionando l’idea tradizionale e
stereotipata dello spettacolo di magia.
«Ho eliminato la muffa, ho scardinato
gli archetipi classici della magia. Ad
esempio, non parlo mai di gioco, ma di
prestigio: il gioco dà una connotazione
ludica, infantile». Il suo obiettivo:
creare la magia 3.0
«Oggi abusiamo dell’aggettivo
impossibile», osserva. «Quante volte
lo diciamo ogni giorno? È impossibile
trovare parcheggio, impossibile
andare d’accordo con te, impossibile
mettermi a dieta... Gli uomini con il
pensiero sono abituati ad andare dal
punto A al punto B seguendo una linea
retta, la strada più breve. Ma se
incontrano un ostacolo, si bloccano. Il
segreto consiste nel cercare di aggirare
l’ostacolo trovando una strada
alternativa, per risolvere il problema.
La magia insegna a girare intorno ai
problemi. Se pensi come un mago,
capisci che il 90% dei problemi che ti
poni non esistono». Pensare in “impossibilese”:
ecco la sua filosoa, che
Rolfo applica ai corsi motivazionali,
di team building e formazione che con
il marchio Masters of Magic tiene per
numerose aziende. «Tutto è cominciato
per caso con una conferenza nella
quale ho spiegato che nulla è impossibile,
anche scegliere di essere felici.
Tutti pensano che la felicità sia una
conseguenza di certi eventi. Bisogna
invertire causa ed effetto: io scelgo
comunque, a priori, di essere felice.
Buttiamo tanto tempo, energia e vita
in preoccupazioni e arrabbiature che
non contano niente». Lui lo ha capito
quando è affondata la Costa Concordia:
«Ero uno dei passeggeri».
Il suo discorso ha riscosso un successo
strepitoso. Da allora le aziende
hanno cominciato a chiamarlo per tenere
corsi, incontri, organizzare spettacoli.
«I miei eventi di formazione
si fondano sullo story-coaching: non
faccio giochi di prestigio, racconto una
storia che crea emozione e alla fine inserisco
un trucco. Ma ciò che alla gente
resta non è la magia, è la storia».
Rolfo parla di percezione del tempo,
di neuroscienze, dello studio del
comportamento, di Programmazione
neurolinguistica (Pnl). Ecco la magia
3.0: il pensiero illusionistico diventa
un mezzo per comunicare, aiutare
un’azienda a raggiungere obiettivi
strategici, a scegliere una campagna
pubblicitaria, a puntare su un prodotto.
Il mago si trasforma in un comunicatore.
«Mio padre mi ha sempre insegnato
a chiedermi il perché delle cose.
Ed è quello che fa il mago. Io analizzo,
partendo dal presupposto che ci sia
sempre un perché. Mi danno un problema,
io cerco la soluzione».
Davanti a sé ha un foglio bianco:
mentre parla lo riempie di rapide annotazioni,
schemi, disegni, con precisione
certosina. «Per organizzare il
discorso ho sempre bisogno di vedere i
concetti, scrivere appunti. Fissare tutto
sulla carta». Il mago e l’ingegnere.
«Sono lucidamente schizofrenico,
con una bacchetta magica nella mano
sinistra e il foglio Excel nella destra». In
realtà, magia e ingegneria si compenetrano.
«Ho capito che c’era un collegamento
il mio primo giorno di lezione,
quando una docente ci disse: “Se non
avete mai smontato una macchinina
questa facoltà non fa per voi”. Il mago
smonta macchinine, cerca di capire
i meccanismi, per arrivare all’essenza
del prestigio. Mago e ingegnere
sono curiosi di capire come funziona
un oggetto. Ecco perché poche donne
diventano maghe: loro non smontano
le macchinine. Alle donne interessa
l’emozione che dà un oggetto. Questo è
il motivo per cui il pubblico femminile
è migliore: l’uomo cerca di svelare il
trucco. La donna vuole emozionarsi».
Racconta i suoi esordi da illusionista,
una passione nata da bambino.
A 12 anni i primi passi nei giochi
di prestigio con i corsi di don Silvio
Mantelli, in arte Mago Sales (lo stesso
che ha “scoperto” Arturo Brachetti).
Mostra una foto dei suoi genitori.
Per lui, figlio unico, loro pensavano
a un futuro diverso. «Hanno 86 anni,
io li amo follemente. Mio padre veniva
dalla campagna, ha sempre lavorato
come un matto. Il giorno prima di sposarsi
comprò una scuola guida. Il suo
sogno era che io continuassi il suo lavoro.
Poi sono arrivati gli spettacoli,
sono andato in giro per il mondo. Ho
vissuto negli Usa, ad Atlantic City. Poi a
Las Vegas, alle Bahamas. Un giorno, un
cabarettista mi disse: quello che fai a
trent’anni sarà quello che farai tutta
la vita. Allora ho capito che quella era
la mia strada». I suoi all’inizio non ci
credevano. Al Masters of Magic 2016 suo
padre, seduto in platea, si è commosso.
«Non mi preoccupa il tempo che
passa, ma il fatto di non averne
abbastanza. Ho ancora tanti sogni».
Ricorda: «Una volta alla fine di uno
spettacolo una signora mi ringraziò
dicendo che l’avevo “curata”. Se un mio
spettacolo, regalando emozione, aiuta
le persone a stare meglio, allora la magia
ha davvero un senso».