Viene in mente la famigerata frase del compianto ministro Tommaso Padoa Schioppa (“le tasse sono bellissime”), una volta tanto pienamente condivisibile, dopo aver letto il resoconto delle spese sostenute per l’indagine sull’assassinio della tredicenne Yara Gambirasio. Di fronte al più crudele degli omicidi, di fronte alla tenerezza struggente di quella figlia strappata alla lunga vita che aveva davanti, al suo avvvenire, alle sue amiche, alla scuola, alla passione per la ginnastica artistica, all’affetto dei genitori, lo Stato non si è risparmiato. Né si sono risparmiati gli investigatori: carabinieri, polizia, magistrati, periti, tecnici, consulenti, traduttori, chiunque avesse a che fare con le indagini, desiderosi di arrivare alla verità e alla giustizia di fronte alla morte di una ragazza che poteva essere loro figlia.
Nonostante gli iniziali passi falsi, l’indagine è stata impressionante per dispiego di forze, mole di lavoro, tecniche sofisticate, risorse finanziarie. Tra i tanti strumenti utilizzati è stata montata una telecamera nascosta nel cimitero di Brembate per filmare chiunque si fermava davanti alla tomba della bambina ed effettuare eventuali riscontri circa voci che sostenevano che l'indagato Massimo Bossetti si fosse fermato a pregare (poi smentite). Sono stati controllati quattromila automezzi simili a quelli dell’imputato. I ricercatori hanno esaminato il Dna di oltre 30 mila persone, senza contare gli appostamenti, i pattugliamenti, le ricerche, gli interrogatori, gli abboccamenti, i controlli dei numerosi testimoni e mitomani che hanno pullulato quelal zona della bergamasca. Un'inchiesta sofisticata come non mai, da far invidia agli investigatori dei "cold case" all'americana.
Alla fine ne esce un conto di un milione e 30 mila euro. Un milione e 30 mila euro spesi bene. Nel conto però non ci sono i due esperti dell’Università di Pavia Carlo Previderè e Pierangelo Grignani, che hanno avuto un ruolo chiave nell’individuazione dell’imputato. Hanno rinunciato all’onorario. “Il fatto che il mio lavoro sia stato decisivo mi gratifica in un modo in cui nessun onorario avrebbe mai potuto fare”. Una dichiarazione esemplare e commovente. Fosse per noi, i due ricercatori meriterebbero il titolo di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica. Nel caso venisse condannato in via definitiva, le spese saranno addebitate all'imputato. Ma al di là dell'esito del processo, uno Stato che per arrivare a verità e giustizia su un assassinio come quello di Yara spende un milione di euro, è uno Stato civile degno di questo nome.