Sana'a, lo stesso luogo prima e dopo l'impatto del missile. In copertina e nella foto seguente: gli effetti degli ordigni giunti sulla capitale yemenita.
A Sana'a sono le due del mattino. La gente dorme. Grazie al maltempo due giorni di tregua nei bombardamenti. Poi il rombo dei jet militari che volano a bassa quota svegliano la città, una capitale con 1.700.000 abitanti.
Niente di nuovo. I sauditi e i loro alleati hanno effettuato 2.450 bombardamenti in 75 giorni. Quasi 3 mila morti, 10 mila feriti, un dato molto approssimativo per difetto. La gente è rassegnata e ha paura, non c'è né dove né come scappare. Non c'è acqua potabile, l'assistenza sanitaria non esiste più. Gli Staff internazionali delle Ong e delle Agenzie internazionali sono fuggiti. Solo Medici Senza Frontiere cerca di affrontare una situazione disperata, ma anche loro sono ormai oltre i limite delle possibilità. Manca tutto: cibo, medicine, aiuti umanitari. C'è un embargo di ferro, non passa uno spillo. Il mondo civile è troppo lontano, assente e indifferente alle sorti di una prigione in cui sono rinchiusi 16 milioni di persone.
A ogni boato la gente prega. Prega per i morti. Prega per la propria salvezza e quella dei propri cari. Ma questa notte è diverso. I sauditi cercano un colpo di teatro, forse per condizionare i colloqui di pace previsti tra due giorni a Ginevra e organizzati dalle Nazioni Unite. Forse per colpire il nemico prima di una proposta di tregua per l'inizio del Ramadam, il 17 giugno.
Tre missili vengono lanciati contro la città vecchia, un insediamento millenario e popoloso, unico al mondo, dichiarato dall'Unesco patrimonio dell'umanità. Chissà, forse le preghiere degli yemeniti qualcuno le ascolta davvero perché i tre missili non esplodono. Ciò nonostante tre antiche palazzine di cinque piani si sbriciolano per la violenza dell'impatto. Cinque morti. Ma se quelle bombe fossero esplose? Se è bastato l'impatto meccanico dei missili per polverizzare un pezzo del quartiere al-Qasim, cambiando per sempre un’architettura urbana vecchia di secoli, cosa sarebbe accaduto con una tremenda esplosione? Quale storia racconteremmo oggi? Di che scempio e di che strage dovremmo raccontare tra dolore, rabbia e indignazione?
La tragedia yemenita, rimasta fino ad oggi pressoché sconosciuta al mondo, con la distruzione di un bene comune dell'umanità, forse conquisterà le prime pagine, per fortuna o per sfortuna. Se tutto fosse andato come qualcuno aveva previsto ora saremmo a interrogarci su un disastro di proporzioni tremende. Un massacro scampato, ma ancora possibile, e che solo per il caso incredibile di tre missili difettosi, è ancora possibile fermare.