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giovedì 10 ottobre 2024
 
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Yemen, l'Onu: "Crimini di guerra a colpi di bombe e di fame"

01/02/2016  L'Onu chiede un'inchiesta internazionale sui crimini di guerra. I sauditi sono accusati di 119 casi di bombardamenti e azioni sistematiche contro la popolazione civile. L'Italia però continua a rifornire di bombe l'Arabia Saudita mentre gli esperti delle Nazioni Unite denunciano un uso sproporzionato della forza contro la popolazione e l'uso della “fame come tattica di guerra”.

Il gruppo di monitoraggio dell’Onu sulla guerra in Yemen ribadisce con forza le responsabilità dell’Arabia Saudita per crimini di guerra in Yemen. Una tegola sulla testa del Governo Italiano che, anche in assenza di un pronunciamento del Consiglio di Sicurezza, bloccato dai veti incrociati delle superpotenze, non può far finta di non sapere l’uso criminale degli ordigni che continuano a partire dal nostro Paese.

Un civile ucciso dai bombardamenti in Yemen.
Un civile ucciso dai bombardamenti in Yemen.

“La coalizione sunnita guidata dall’Arabia Saudita ha scatenato una guerra aerea senza quartiere in Yemen e ha effettuato 119 sortite che hanno violato il diritto umanitario”. Lo sostiene un pool di esperti delle Nazioni Unite, in un rapporto consegnato la settimana scorsa e divulgato il 28 gennaio, in cui si chiede una commissione d’inchiesta internazionale. Per gli ispettori dell’Onu il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe “indagare sulle denunce di violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani internazionali in Yemen”.

Il comitato sostiene infatti di aver raccolto le prove e di aver documentato attacchi su obiettivi civili, tra cui campi profughi, matrimoni, autobus, aree residenziali, strutture sanitarie, scuole, moschee, mercati, fabbriche, magazzini alimentari e aeroporti.

Il team di esperti ha anche documentato almeno tre casi di civili in fuga inseguiti e colpiti dagli elicotteri. Durante l’ispezione in Yemen il comitato Onu ha studiato le immagini satellitari di diverse città che, dopo gli attacchi aerei, hanno mostrato “ingenti danni ai centri abitati e obiettivi civili”.

Più di 5.800 persone sono state uccise e 27.000 feriti, finora, secondo i dati delle Nazioni Unite, mentre quelli forniti da fonti locali parlano di almeno 8.000 morti tra i civili in 300 giorni di guerra. La crisi umanitaria è terribile e aggravata dal blocco saudita alle navi che trasportano carburante, cibo e altri beni essenziali impedendo l’arrivo nel Paese arabo di aiuti di primaria necessità.

Uno degli ordigni (in questo caso inesploso) inviati dall'Italia agli Emirati arabi e finiti in Yemen.
Uno degli ordigni (in questo caso inesploso) inviati dall'Italia agli Emirati arabi e finiti in Yemen.

Il rapporto sostiene che “i civili sono colpiti in modo sproporzionato” dai combattimenti e contiene una denuncia di  tattiche che “prevedono l'uso vietato della fame come metodo di guerra”.

I dati sono catastrofici: più di 21 milioni di persone in Yemen ¬ l’82 per cento della popolazione – sta affrontando gravi carenze alimentari. Il rapporto delle Nazioni Unite sostiene che circa il 60 per cento di tutte le morti e dei feriti tra i civili sono stati causati dai bombardamenti dei sauditi e dei loro alleati. Bombardamenti che utilizzano sia bombe a grappolo fornite dagli Stati Uniti che bombe inviate dall’Italia, prodotte in Sardegna, da parte di una società tedesca (la Rwm Italia) che utilizza una licenza americana. Fornitura quest’ultima che aggira il divieto vigente in Germania e ¬ stando a quanto hanno denunciato a più riprese da Rete Disarmo, Opal e Amnesty Italia ¬ verrebbe attuata regolarmente in violazione della normativa prevista dalla legislazione italiana.

Civili uccisi dai bombardamenti in Yemen.
Civili uccisi dai bombardamenti in Yemen.

Un’accusa a cui autorevoli esponenti del governo hanno risposto sostenendo che si tratterebbe di operazioni del tutto regolari.

Una regolarità che sembra cozzare violentemente con le numerose e perduranti denunce di crimini di guerra, che già in passato erano state avanzate e documentate non solo dall’Onu ma anche da Human Right Watch, Amnesty Intermational e Medici senza Frontiere.

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