La corsa all'acqua potabile in Yemen. In copertina: i soccorsi ad alcuni feriti.
Dopo settimane di estenuanti trattative l'Onu è riuscito a imporre una tregua negli scontri, e soprattutto nei bombardamenti, che da quattro mesi stanno spezzando un Paese ormai allo stremo delle forze.
Dal 10 al 17 luglio, fine del Ramadan, una tregua umanitaria è stata dichiarata per permettere la consegna degli aiuti umanitari alla popolazione civile. Ma solo pochi minuti dopo l'inizio del cessate il fuoco sono ripresi i bombardamenti che coinvolgono pesantemente la popolazione civile.
Un gruppo di soldati delle truppe speciali saudite.
La tregua Onu regge solo pochi minuti
Durante la “tregua” si sono anche intensificati i combattimenti per il controllo dell'unico grande porto del Paese, Aden, che da il nome all'omonimo golfo. Una struttura su cui, fin dal 2011, ha messo gli occhi l'Arabia Saudita alla ricerca di un nuovo strategico sbocco petrolifero nel Mar Arabico. Ad Aden persino la sede della delegazione Onu è stata bombardata dagli aerei sauditi mandando su tutte le furie il segretario generale Ban Ki-Moon che ha promosso un’inchiesta.
Nonostante il cessate il fuoco le truppe del deposto presidente Hadi, in esilio in Arabia Saudita, sono state rifornite da Ryhad di armi pesanti e mezzi blindati, truppe “d'elite” saudite sono comparse nella città portuale e una violenta offensiva è stata scatenata contro l'esercito yemenita Houti. Un'azione spalleggiata dalle milizie di Al Qaeda che, come hanno segnalato e documentato alcuni giornalisti yemeniti, si sono dedicate alla sistematica esecuzione di prigionieri e ostaggi Houti. Il 14 luglio scorso nel distretto Inman hanno anche organizzato una parata “trionfale” nel centro cittadino esponendo decine di cadaveri di etnia Houti.
Gi effetti del bombardamento su un ospedale yemenita.
I sauditi sbeffeggiano l'Onu
L'impotenza dell'Onu si era già manifestata ai recenti quanto inutili colloqui di Ginevra dove la delegazione del deposto presidente Hadi si era presentata con un delegato segnalato dagli Usa come “terrorista planetario” e finanziatore di Al Qaeda. Insomma i sauditi stanno sbeffeggiando ogni tentativo dell'Onu di porre rimedio alla situazione disperata dell'intera popolazione civile yemenita.
«La situazione umanitaria in Yemen», ha denunciato Medici senza frontiere (Msf), «ha raggiunto livelli inaccettabili e la popolazione civile paga il prezzo più alto a causa dell’intensità della violenza». Teresa Graceffa, infermiera da poco rientrata da Aden è testimone della tragedia in corso: «La situazione in Yemen oggi è terribile», ha raccontato. «La città di Aden è stata praticamente rasa al suolo nel giro di due settimane. Manca tutto: acqua, cibo, corrente elettrica. Ma soprattutto manca l’assistenza umanitaria».
Stessa situazione nella capitale Sana'a, dove violenti attacchi aerei si succedono senza soluzione di continuità. Il bilancio di questa tragedia è, fino ad ora di almeno 3.000 morti e 16.000 feriti. Diciamo “almeno” perché in realtà nessuno è in grado di tenere una contabilità attendibile delle vittime.
Un team chirurgico di Medici senza frontiere in sala operatoria.
Msf: «Inaccettabile situazione della popolazione civile»
Mentre il violento conflitto in Yemen prosegue lontano dai riflettori «la situazione umanitaria continua a peggiorare e», spiegano i cooperanti di Msf, «ha ormai raggiunto livelli inaccettabili: i civili sono bloccati dietro le linee del fronte, senza cure mediche, beni alimentari, carburante e acqua potabile. C’è un urgente bisogno di aumentare l’accesso alle cure mediche e ai beni di prima necessità per la popolazione».
Msf, praticamente l'unica Ong internazionale ancora operativa sul territorio, lavora in diversi ospedali, gestisce ambulatori, cliniche mobili e fornisce acqua, beni di prima necessità e kit igienico-sanitari a migliaia di persone in tutto il Paese. Dal 19 marzo, le équipe mediche di Msf hanno curato più di 6.700 persone ferite durante i violenti attacchi ad Aden, Taiz, Ad-Dhale, Saada, Hajjah e Amran.
Una delle tante esplosioni a Sana'a.
Il Paese è sull'orlo del baratro
«Siamo di fronte a un Paese sull’orlo del baratro», spiega Stefano Zannini, direttore del Supporto alle Operazioni di Msf Italia. «A causa degli alti livelli di violenza, degli attacchi aerei e dei bombardamenti su zone altamente popolate, è veramente difficile spostarsi all’interno del Paese per fare una valutazione dei bisogni e fornire l’assistenza medica necessaria. La situazione umanitaria sta peggiorando di giorno in giorno nell'indifferenza della comunità internazionale».
«Anche il personale e le infrastrutture mediche», aggiunge Msf, «sono diventati bersaglio degli attacchi, causando una riduzione della capacità di operare del sistema sanitario nazionale». L’ospedale di Harad, una delle poche strutture funzionanti nell’area di Hajjah, è stato bombardato a metà giugno ed è adesso inutilizzabile. Il conflitto ha causato enormi devastazioni e ha danneggiato aeroporti, porti, strade e altre infrastrutture di vitale importanza.
«Il blocco delle importazioni da parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita (sostenuta da forze navali Usa e Britanniche ndr)», sottolinea l’Ong medico-sanitaria, «impedisce l'arrivo di cibo e carburante e sta contribuendo a far precipitare la situazione verso la catastrofe umanitaria».
«L’embargo va immediatamente sospeso», insiste Stefano Zannini. «Beni come il carburante sono essenziali per la sopravvivenza. In Yemen, è particolarmente importante per garantire la fornitura di acqua. Nell’immediato un autentico cessate il fuoco è indispensabile per facilitare la fornitura di assistenza umanitaria e un maggiore accesso alle strutture sanitarie».