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martedì 25 marzo 2025
 
l'intervista
 

L'attivista Yevgeniy Zakharov: «Putin vuole la resa dell'Ucraina, ma noi non la accetteremo mai»

06/03/2025  Matematico ucraino e noto attivista per i diritti umani, direttore del "Kharkiv human rights protection group" e membro del consiglio di "International Memorial Society", Zakharov parla dei crimini di guerra nel suo Paese da quando è iniziata l'aggressione russa, del problema dei bambini scomparsi e portati in Russia, della condizione dei prigionieri civili. E riflette sul futuro dell'Ucraina, nelle mani della diplomazia guidata da Donald Trump

«Novantamila». Seduto nello scompartimento di un treno polacco diretto verso il confine con l’Ucraina, Yevgeniy Zakharov ripete e scandisce lentamente, con precisione la cifra, enorme, quasi incredibile. Novantamila: il numero dei crimini di guerra che si calcola siano stati commessi dalla Russia in territorio ucraino, dall’inizio dell’invasione e del conflitto su vasta scala, il 24 febbraio del 2022. Matematico e ingegnere nato 72 anni fa a Kharkiv, la seconda città più grande dell’Ucraina dopo Kyiv, nell’est del Paese, a una manciata di chilometri dal confine con la Russia, Zakharov ha dedicato la sua vita alla difesa e promozione dei diritti umani e della libertà. Prima contro il regime sovietico, adesso contro l'aggressione russa in Ucraina. Direttore del Kharkiv human rights protection group, una delle più antiche e attive organizzazioni ucraine per i diritti umani nata nel 1992, e membro del consiglio della Ukrainian Helsinki human rights union da più di 30 anni Zakharov fa anche parte del consiglio di International Memorial Society, l’organizzazione internazionale che in diversi Paesi post-sovietici è impegnata nella ricerca storica sui crimini del totalitarismo sovietico e sulla difesa dei diritti umani oggi, con l’obiettivo di promuovere una società civile matura e la democrazia basata sul rispetto della legge al fine di prevenire il sorgere di nuovi regimi autoritari. Memorial è stata insignita del Nobel per la pace 2022, insieme alla Ong ucraina Center for civil liberties e all’attivista bielorusso Ales Bialiatski. Autore di più di 150 pubblicazioni sui diritti umani in diversi Paesi, nel 2007 Zakharov è stato nominato nell’Ombudsman, ovvero l’ufficio del Commissario del Parlamento ucraino per i diritti umani. Nei giorni in cui ai piani alti della politica internazionale si discute del futuro dell’Ucraina, Zakharov riflette sui diritti umani calpestati nel suo Paese da quando è iniziata l’aggressione russa. La preoccupazione, in particolare, è per gli ucraini nei territori occupati dai russi, nelle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia, Kherson. «Sappiamo di cosa accade grazie alle tantissime testimonianze e ai racconti di chi ha vissuto nei terrritori prima occupati dai russi e poi tornati liberi». Territori, sì, ma nei quali vivono persone, uomini, donne, bambini, famiglie, il cui destino è appeso agli accordi e alle decisioni della diplomazia, nelle mani di Donald Trump.   

Zakharov, una delle grandi problematiche di questa guerra è quella dei bambini ucraini spariti, portati in Russia. Quanti sono? Cosa si sa di loro?

«In base ai nostri dati, il numero dei bambini scomparsi, dei quali non si sa più nulla, è di circa duemila. Parliamo di orfani e di bambini i cui genitori hanno perso i loro diritti di padri e madri. Rientrano nel numero anche i minori i cui genitori sono stati uccisi e che sono stati portati in Russia. Va anche detto che quando i nonni o altri parenti li hanno reclamati, i russi li hanno ridati indietro. E’ proprio della politica russa prendere più bambini possibile con il pretesto di salvarli dalle minacce delle azioni militari, affidarli ad altre famiglie affinché crescano secondo uno spirito pro-russo. Lo scopo è indebolire il patrimonio genetico ucraino. E questo è uno dei cinque elementi propri del crimine di genocidio».

C’è poi la questione dei prigionieri civili, che sono come invisibili, perché non vengono quasi mai presi in considerazione nell'ambito di accordi e scambi.

«E’ vero. La Russia nasconde i prigionieri civili: solo 1.600-1.700 su diverse decine di migliaia sono conosciuti. Tutti loro non hanno possibilità di comunicazione con i loro familiari. E sono oggetto di scambi molto raramente. I russi cercano di offrire i civili in cambio di prigionieri di guerra russi, ma l’Ucraina si rifiuta perché vuole scambiare i soldati con i soldati, cosa comprensibile. In totale, ad oggi, 4.131 ucraini sono stati scambiati, ma solo 168 sono civili. Per la maggior parte i prigionieri civili sono uomini, ma ci sono anche donne. Smettono di essere invisibili quando vengono condannati per reati fittizi, perché le confessioni false vengono estorte dai russi con lo strumento della tortura. Al momento i condannati non sono tanti – 1.000-1200 tra militari e civili – ma il numero sta crescendo. Scontano la pena con i cittadini russi, sono inseriti nel database del Servizo penitenziario federale russo (Fsin), un avvocato può assisterli con l'accordo della famiglia, è possibile mandare loro pacchi, scrivere loro lettere, andare a visitarli. Finché i civili non vengono condannati per un crimine, non possono essere aiutati in alcun modo».

Pensa che il presidente Usa Donald Trump farà terminare la guerra?

«È troppo presto per trarre conclusioni. Io non credo che Trump supporterà la Russia in modo incondizionato. Piuttosto, penso che lui e il dittatore Putin litigheranno molto aspramente. Non credo nel successo dei colloqui di pace, dato che la condizione posta da Putin è la capitolazione dell’Ucraina. E noi non la accetteremo mai. Ma senza l’aiuto americano per noi sarà difficile continuare a combattere a lungo contro un esercito russo più grande e meglio armato del nostro».

Secondo lei un accordo fra Trump e Putin potrà indebolire il lavoro delle organizzazioni per i diritti umani in Ucraine e l’impegno nell’indagare i crimini di guerra?

«Credo di no. Continueremo a documentare e investigare i crimini che non hanno un termine di prescrizione. Ciò che potrà interferire saranno le sanzioni americane contro la Corte pensale internazionale che ne rallenterà le attività, anche in Ucraina».

L’ingresso nell’Unione europea aiuterebbe l’Ucraina nella difesa dei diritti umani?

«Certo, perché gli standard europei sono molto più elevati. Basta mettere a confronto la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Trattato di Lisbona del 2009) con la Convenzione europea del 1950. Gli standard della Carta del 2009 sono molto più seri e avanzati».

Una domanda personale: lei di professione è un matematico, come è iniziato il suo impegno di attivista per i diritti umani?

«Io sono cresciuto in un ambiente della dissidenza durante l'era dell'Unione sovietica. Mia madre ha studiato nel Dipartimento di Filologia dell'Università di Kharkiv insieme a Larisa Bogoraz, nota attivista e dissidente di Kharkiv, e il suo primo marito Yuli Daniel, scrittore russo e dissidente. Erano molto amici e sono diventati anche miei amici. Così, da ragazzino, ho cominciato a ristampare la samizdat, le pubblicazioni clandestine, e di quel mondo ho appreso molto di più degli altri bambini della mia età. In seguito, ho preso parte a numerosi - come si dice oggi - progetti dissidenti. In particolare, raccoglievo denaro per le famiglie dei prigionieri politici, trasferivo aiuti dal Fondo per i prigionieri politici fondato dal Nobel per la letteratura Aleksandr Solzhenitsyn. Ho ristampato e distribuito tantissime pubblicazioni clandestine. Ci sarebbe davvero tanto da raccontare... Sono impegnato nella difesa dei diritti umani da 53 anni e all'inizio degli anni '90 questo impegno è diventato una professione».

(Foto Ansa: Yevgeniy Zakharov riceve il Premio Vaclav Havel 2023 per i diritti umani da parte del presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa Tiny Kox)

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