Che cos’è la verità? Si chiedeva Pilato
davanti a un Gesù di Nazaret vittima dei potenti del suo tempo. E che cos’è la
verità oggi storpiata dai poteri mediatici che si riempiono la bocca di
democrazia, ma poi non hanno il coraggio di registrare una pur lieve voce di
precisazione e smentita?
I fatti. Un settimanale, noto
per il suo anticlericalismo, dedica un lunghissimo articolo ai presunti
privilegi e favori che la Chiesa riceverebbe dallo Stato attraverso l’otto per
mille. Infilza una serie infinita di corbellerie, ma tocca i vertici del ridicolo e dell’imprecisione (perché non
c’entra nulla con l’otto per mille) quando aggiunge all’insieme, come ciliegina
sulla torta, anche i presunti privilegi goduti dalla stampa cattolica,
sprezzantemente definita quella delle “sante gazzette” con “testate
improbabili”. Tra queste “sante gazzette” vengono citate anche Famiglia
Cristiana e Avvenire.
Qual è la tecnica usata? Quella delle mezze
verità, ovvero di dire una cosa, ma di tacere il resto. È vero infatti che
tante testate cattoliche usufruiscono di benefici da parte dello Stato, ma sono
gli stessi benefici goduti da tutta una serie di testate, religiose e non,
sante e laiche. Si tratta di una legge dello Stato volta a mantenere il
pluralismo dell’informazione con dei contributi ai più deboli, così come esiste
una legge che aiuta l’emittenza locale di fronte allo strapotere dei grandi
monopoli. Dov’è dunque lo scandalo? Solo
nella testa di chi monta il caso.
Logica vorrebbe perciò che chi
ha preso una tale cantonata facesse un atto di umiltà e pubblicasse eventuali
precisazioni. Invece cala il silenzio e non viene pubblicata una riga di chi
prova a far presente l’errore. È successo che Avvenire sia intervenuto
con più pezzi sull’argomento. Così pure il presidente della Fisc (la
federazione italiana dei settimanali cattolici) ha pubblicato un intervento
molto pertinente e documentato (vedi anche l'altro articolo).
Anche l’ufficio stampa di Famiglia Cristiana ha inviato al settimanale
una breve nota, rimasta impubblicata.
La riportiamo: "Gentile
direttore, riguardo l'anticipazione del libro di Stefano Livadiotti I senza Dio, pubblicata da l'Espresso del 24 novembre
scorso, non intendo replicare a quanto Livadiotti scrive sull'otto per
mille alla Chiesa cattolica. Non mi pare però segno di onestà intellettuale
l'affiancare al discorso sull'otto per mille il tema dei contributi
statali all'editoria. Discutibilissimo anch'esso, se si vuole, ma che
certamente non riguarda solo l'editoria cattolica. Sarebbe bastato, per
dare le proporzioni, citare a fronte delle cifre riportate da Livadiotti per
Avvenire e Famiglia Cristiana, l'entità delle somme che percepiscono giornali
come L'Unità e la Padania, il Foglio e il Secolo d'Italia, magari anche
L'Avanti! di Lavitola...
Qui sta, a nostro modo di vedere, la disonestà
intellettuale di chi ha imbastito il servizio: perché questi ultimi no e
le "sante gazzette" sì? Possibile che in Italia si debba
ragionare sempre in termini di anticlericalismo anziché di leggi uguali per
tutti? E usare toni dispregiativi verso chi si vuole additare come
avversario?
Cordiali saluti
Mauro
Broggi, direttore Comunicazione St Pauls
International e Periodici San Paolo".
Altro episodio. Prendendo spunto dagli 80
anni di Famiglia Cristiana, un giornalista di un quotidiano dedica
un’intera pagina alla storia del nostro settimanale e ne approfitta per
rievocare alcuni episodi critici. Sulla storia di un giornale si possono
avanzare tante opinioni e tutte plausibili, si può andare a spulciare su tutto
e trovare qualcosa da dare in pasto ai lettori a mo’ di gossip e di
pettegolezzo. Ma mettere in dubbio le posizioni dottrinali di un giornale come Famiglia
Cristiana e dei suoi direttori non è accettabile.
È quanto ha fatto il
quotidiano in questione, che ha attribuito a uno dei direttori di Famiglia
Cristiana, don Leonardo Zega,
“posizioni spregiudicate sull’etica sessuale”. L’articolo non documenta alcuna
“spregiudicatezza”, ma tanto basta per denigrare e infangare la memoria di un
sacerdote che ha servito la Chiesa italiana per circa trent’anni.
Siccome per
un sacerdote le questioni morali e dottrinali sono parte fondante del suo
ministero, attribuire a don Zega spregiudicatezza in questo campo significa
danneggiarne la memoria. Anche in questo caso l’ufficio stampa del nostro
settimanale ha inviato una lettera al direttore del quotidiano. Abbiamo atteso
invano che il quotidiano pubblicasse, ma
evidentemente anche qui la democrazia è a senso unico e la verità è solo quella
di chi scrive.
Ecco il testo inviato: "Gentile
direttore, La ringrazio per l'attenzione prestata da La Stampa per gli 80
anni di Famiglia Cristiana con l'articolo del 20 novembre scorso
"Famiglia Cristiana, il marketing della fede porta a porta". Ci preme
però fare presente che mai Famiglia Cristiana e tantomeno uno dei suoi storici
direttori, don Leonardo Zega, hanno assunto "posizioni spregiudicate
sull'etica sessuale" che "non piacciono al Vaticano". Famiglia
Cristiana e tutti i suoi direttori hanno sempre proposto la dottrina della Chiesa,
in materia sessuale come in tutti gli altri aspetti della morale cattolica.
Con
i migliori saluti
Mauro
Broggi, direttore Comunicazione St Pauls International e Periodici San Paolo".
Un bel libro pubblicato nel Regno Unito
parlava significativamente della professione giornalistica come di un “potere
senza responsabilità”. Sarebbe ora che al potere si affiancasse la
responsabilità. Non c’è legge che la imponga, ma non è un caso se una delle
categorie più screditate in Italia di fronte all’opinione pubblica è quella dei
giornalisti.
Giusto Truglia
In un ampio
servizio dedicato all’otto per mille in cui si confondono ancora Vaticano e
Conferenza episcopale italiana (Cei) e in cui si raccontano verità parziali o
strumentali, il settimanale L’Espresso in edicola la scorsa settimana ha
dedicato un box alle “Sante Gazzette”.
In poche righe
si narra, prendendo le mosse dal libro in uscita I senza Dio, citando in
questo caso il capitolo “Come mungere lo Stato”, dei contributi all’editoria
destinati ad Avvenire, a Famiglia Cristiana e ai settimanali diocesani,
mettendoli tutti insieme in una “lista delle Gazzette di ispirazione religiosa”
che, secondo L’Espresso, “sarebbero generosamente sovvenzionate dallo Stato”.
Non dice nulla,
invece, L’Espresso, della legge del 1990 che stabilisce i contributi
all’editoria, né dei principi in base ai quali tale legge e le precedenti sono
state istituite. Non una parola per spiegare il pluralismo informativo e
neppure per ragionare di libertà d’informazione o di democrazia informativa.
Nulla di nulla dell’articolo 21 della Costituzione italiana, né del recente
intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
che ha chiesto al governo di rivedere i tagli all’editoria, accennando al
rischio di “mortificazione del pluralismo dell’informazione” nel nostro Paese.
Solo fango su “una lunga lista” che, sempre secondo L’Espresso, sarebbe “pure
divertente da scorrere, infarcita com’è di testate improbabili”.
È
professionalmente sconcertante leggere toni così offensivi e basati su
pregiudizi duri a morire. Certo risulta difficile per chi non abita il
territorio italiano rendersi conto di ciò che si muove nel nostro Paese.
Basterebbe svolgere piccoli sondaggi nei vari territori dal Nord al Sud
dell’Italia per scoprire una ricchezza reale, spesso ignorata dalla grande
stampa e dai network nazionali, ma molto vicina alla gente.
Un milione di
copie, quattro milioni di lettori, forse danno fastidio a qualcuno, ma dicono
di un radicamento sul territorio che può far sorgere parecchie invidie e far
nascere disinformazione.
In ultimo
verrebbe da domandarsi se per le copie de L’Espresso spedite via Poste
italiane fino al 31 marzo 2010 l’editore di quel settimanale abbia pagato la
tariffa riservata ai periodici oppure l’intero importo ordinario. Nel primo
caso è bene ricordare che lo Stato ha integrato per anni, con soldi dei
cittadini, la differenza fra le due tariffe, anche per le spedizioni de L’Espresso. Si tratta di contributi indiretti, ma sempre contributi statali
sono.
Francesco
Zanotti
Presidente
nazionale Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici)