(Nella foto Ansa qui sopra: il cardinale Mario Zenari durante un incontro con il presidente Sergio Mattarella al Quirinale. Nella foto Reuters in copertina: bambini in fuga da Ras al Ayn, città siriana sul confine con la Turchia)
«Povera Siria...», ripete il cardinale Mario Zenari, 73 anni, nunzio apostolico a Damasco dal 2008, raggiunto al telefono mentre si trova in missione in Italia. «L'intervento militare della Turchia nel Nord della Siria ha sorpreso tutti, ma per chi segue le vicende siriane, in realtà l'operazione era già nell'aria da settimane, mesi, io direi forse anche da anni».
Zenari esprime la sua preoccupazione per il prossimo futuro: «Le cose ora si complicano, si aprono sempre nuovi capitoli che, invece di portare a una risoluzione, rendono sempre più complessa la situazione siriana. E a questo proposito, io rimando sempre a una dichiarazione dell'ultimo inviato speciale dell'Onu a Damasco, il novergese Geir Pedersen, che qualche mese fa ha espresso la sua preoccupazione dicendo che sul suolo siriano o nei cieli siriani sono presenti cinque eserciti, tra i più agguerriti del mondo, che spesso sono in collisione tra di loro. Come fa la Siria a uscire da queste complicazioni e trovare la via della pace? Allora io dico: povera Siria. Va aggiunto che già da alcuni anni è in corso una tormenta che ha investito tutto il Medio Oriente e che negli ultimi tempi questa si è fortemente acuita. Nell'occhio del ciclone guarda caso c'è la Siria. La guerra siriana non è più un conflitto interno, civile, come si pensava che fosse otto anni e mezzo fa, quando è cominciata: negli ultimi tempi il Paese è entrato all'interno di un quadro di rivalità crescenti nel Medio Oriente».
Intanto, nel Paese martoriato, ridotto in macerie, l'emergenza umanitaria continua. «Io adesso sono in Italia anche per raccogliere aiuti umanitari. Le ultime statistiche dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dicon che solo il 46% degli ospedali in Siria funzionano, questo vuol dire che il 54% sono o totalmente distrutti o parzialmente operanti. Per non parlare della condizione delle scuole: solo una su tre è operativa». I dati parlano di 11,7 milioni di siriani bisognosi di aiuti umanitari. La Chiesa in Siria è impegnata nel sostegno della popolazione su vari fronti. Il cardinale ricorda in particolare il progetto "Ospedali aperti", partito nel 2017, affidato all'organizzazione Avsi: «Abbiamo fatto in modo di rendere operativi al 100% tre ospedali cattolici, presenti da 120 anni, molto rinomati, che ultimamente rischiavano di essere chiusi. Il progetto prevede che chi è malato e povero, indipendentemente dalla sua appartenenza etnica e religiosa, riceva assistenza medica gratuita. Nell'arco di tre anni si prevede di assistere 50mila malati poveri, il progetto è partito da un anno e mezzo e già sono stati curati circa 25mila pazienti. Due strutture si trovano a Damasco - l'Ospedale italiano e l’Ospedale francese - e uno ad Aleppo - l'Ospedale St. Louis -, tutti e tre sono gestiti da congregazioni religiose femminili. La maggior parte degli assistiti non sono cristiani. La riconoscenza dei malati, in particolare dei nostri amici musulmani, è straordinaria. Il progetto persegue due obiettivi: sanare i corpi e allo stesso tempo favorire le relazioni sociali tra religioni differenti. Bisogna ricostruire case ed edifici, ma ciò che in Siria è stato davvero devastato nel profondo è il tessuto sociale. Ecco, questa è la nostra missione: curare le persone e ricostruire le relazioni umane tra i siriani».