Valerij Lobanovski guarda lontano ma la sua Urss si fermerà molto presto...
Furto
con destrezza. A volte succede. Però, quella volta dispiacque un po’
a tutti: per lo meno a quelli che amano lo sport e non il tifo.
Mondiali del 1986, in Messico. Si gioca in altura e anche a orari
impossibili, alle 12, per favorire la visione in Europa delle partite
alla sera. Così, lassù, Mexico, nuvole, e calcio all’ora di
pranzo.
Sono i mondiali di Maradona, che si mette una squadra intera
sulle spalle e la trascina avanti a forza. Tutti si domandano se
un’europea vincerà, finalmente, fuori dal suo continente: si
guarda alla Francia di Platini, alla Germania Ovest di Matthäus,
all’Italia campione uscente del “vecio” Bearzot. Nessuno
guarda, invece, dove sta il calcio più bello. Sta in Urss, l’Unione
delle repubbliche socialiste sovietiche. Lì c’è un tecnico che fa
parlare di sé da anni, Valerij Lobanovski, ma a occidente lo si
guarda con sospetto.
Quando si parla dell’Urss partono i sorrisetti
scettici di chi pensa che sì, sarà anche una bella squadra, ma
misteriosa. E poi, quella è una bellezza che non ci piace, meglio se
a essere belle sono le solite note: Brasile, Italia, Argentina,
Germania Ovest. Quello di Lobanovski è un calcio da laboratorio, si
dice con malizia, c’è qualcosa che poco avrebbe a che fare con la
regolarità degli allenamenti. E il suo calcio, in effetti, è un
laboratorio. I ruoli? Ma và, dice Lobanovski, servono a poco:
duttilità innanzi tutto. Chi fa l’ala deve anche difendere, chi fa
il terzino deve saper attaccare, il centravanti è solo una delle
punte e gli inserimenti da dietro dei centrocampisti non sono casuali
ma studiati. Un tocco e via, triangolazioni velocissime e
sorprendenti.
Sembra il calcio di oggi, ed era solo metà degli anni
Ottanta. Ma ha un peccato originale da scontare, quel calcio: viene
da est, dall’Urss e allora, anche per la concomitanza di diversi
“laboratori” in altri sport - vedi Germania Est e Cecoslovacchia
- meglio crederci poco e andare coi piedi di piombo. Insomma, l’Urss
è bella, gioca bene, ma chissà se davvero è pronta per vincere. E
poi chi sono questi giocatori? Non escono dall’Urss, non vanno
negli altri campionati europei a giocare e mostrarsi, sono quasi
schermati, nascosti. Così, molti non ci credono neanche quando
vedono in azione quei giocatori, quella squadra. Anzi, quelle
squadre. Perché Lobanovski ha costruito la sua Urss partendo dalla
Dinamo Kiev. Allena entrambe, la squadra di club e la Nazionale, dove
trasferisce quasi tutti i suoi giocatori.
Unisce giocatori russi a
ucraini, roba che oggi sarebbe delittuosa, vero amico Putin? La
Dinamo Kiev vince quell’anno la Coppa delle Coppe ma al di là di
un convenzionale applauso, molti sono gli scettici. S’è mai visto
un allenatore che guida sia la squadra di club che la Nazionale
attingendo quasi totalmente dalla prima? Sì, certo, c’era stata
l’Ungheria degli anni Cinquanta, e s’è visto come finì con la
Germania Ovest, no? Però nessuno ricorda che i giocatori della
Germania, in quella finale mondiale del 1954 furono poi ricoverati
tuti in ospedale per un’epatite sospetta, moooolto sospetta. Fosse
capitato dall’altra parte della barricata, all’Ungheria, chissà
cosa avrebbero detto in Occidente. Ma erano tempi di guerra fredda e
lo stupidissimo orso russo, due anni dopo, provvide a trasformare
l’Ungheria in un obbediente satellite del socialismo reale. Così,
fu facile dimenticare il calcio ungherese e gli ospedali tedeschi.
Ora,
invece, nel 1986, c’è ancora la guerra fredda ma i mezzucci delle
varie propagande sono più sofisticati e anche il calcio serve a fare
propaganda. E siccome a est i russi dicono che la propaganda la fanno
gli occidentali per screditare i meriti sovietici, a ovest rispondono
allo stesso modo: dalla parte nostra, l’Occidente, tutto quello che
è made in Urss è bocciato. Anche le cose belle, quando ci sono.
Quindi, nel calcio, non può essere vero che l’Urss giochi così
bene. Ci dev’essere sotto qualcosa, ovviamente di poco leale.
Quando alla prima partita l’Urss vince sommergendo di gol, 6-0, la
prima avversaria, sembra cattiveria agli occhi dell’Occidente
calcistico.
Già: se li avesse segnati l’Italia o la Francia,
sarebbe stato calcio magnifico ma visto che li ha segnati il
laboratorio sperimentale di Lobanovski, è cattiveria dell’orso
russo. Piccolo particolare: l’Uss quei sei gol li fa proprio
all’Ungheria, trent’anni dopo l’invasione. Quale occasione
migliore per accusare i russi di cinismo sportivo e cattiveria di
fondo? Lobanovski si chiede, come Lenin ai suoi tempi: che fare? Come
convincere la critica? Possibile che non si voglia prendere atto che
questo calcio non è fantascienza, è solo evoluzione naturale delle
idee più moderne?
L’Urss alla seconda partita se la vede con la
Francia di monsieur Platini. Gioca ancora bene, ma in modo meno
aggressivo. Fa capire all’avversaria che anche un pareggio può
bastare a entrambe per passare il turno, e così avviene: 1-1 e tutti
contenti. Col Canada, infine, l’Urss vince 2-0; troppo più forti,
questo non è hockey ma calcio, spiega il tecnico sovietico e nel
calcio vince chi gioca meglio. Parole antipatiche, viste da ovest,
supponenza da punire. Subito, se possibile. L’Urss è negli ottavi
di finale e se la gioca contro il sorprendente Belgio del grande
portiere Pfaff, del regista Vincenzino Scifo, figlio di emigrati
italiani, dell’elegante Ceulemans, attaccante dai piedi buoni.
Ne
esce una delle più belle partite della storia del calcio mondiale di
tutti i tempi e, al tempo stesso, una delle partite più dimenticate,
per convenienza. Perché ad arbitrare è stato chiamato uno svedese,
Fredriksson, che ne combina di tutti i colori, e tutti da una parte
sola. Così, una partita spettacolare tra due squadre belle e brave,
viene rovinata. Primo tempo: 1-0 per l’Urss. Nel secondo, il Belgio
pareggia, l’Urss torna in vantaggio e poi è nuovamente raggiunta.
Si va ai tempi supplementari, e il Belgio ha la meglio, alla fine,
per 4-3, al termine di una partita avvincente, emozionante e a tratti
bellissima. Con l’aggiunta dell’arbitro, che non annulla due gol
in fuorigioco dei belgi, così il pericolo rosso è allontanato per
sempre. La moderna, spettacolare squadra di Lobanovski è fuori dai
mondiali. E il dubbio resta ancora oggi: cosa avrebbe potuto fare
l’Urss se non avesse incontrato sulla sua strada quell’arbitro? E
cosa avrebbe potuto dare al calcio mondiale la sua evoluzione tattica
e atletica?