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lunedì 14 ottobre 2024
 
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Giornalista

Gli occhi di Casillas

Ci sono immagini che dicono quello che le parole non possono spiegare. Gli occhi di Casillas sono una di quelle. Lo sguardo acuto, che aveva il radar per il pallone e una coordinazione occhio-mani da paura, si è perso nel vuoto in una notte brasiliana. Anzi in due.

Si gratta il mento con il guantone quello che fino a due partite fa era il portiere più titolato degli ultimi sei anni, tra Furie rosse e Real Madrid. E' arrivato in Brasile che aveva sulla maglia più medaglie di un generale dell'Invicibile armata e torna a casa con sette pive nel sacco, dopo due partite senza appello e neanche il terzo grado di giudizio della terza, ormai ininfluente a soccorrere. Sembra più perplesso che triste mentre guarda su verso le tribune di uno stadio mai così straniero.

Si dice che dall'alto si cada sempre malissimo, questi sette gol devono essere  un volo da Wile E. Coyote nel gran canyon, con la crepa per terra e tutto. Una botta terribile. Come il Coyote Casillas si rialzerà, perché il precipizio dello sport è solo metaforico. Di sport non si muore, ma si sta male come d'amore.

La luna di miele tra la Spagna e il pallone è finita. Perché sta scritto che  gli innamoramenti sono destinati a modificarsi dopo un tot, a diventare altro:  un amore, meno travolgente e più maturo o quella cosa cosa in cui  si tirano i piatti e poi si va, ognuno per sé e Dio per tutti. Casillas è solo un simbolo di un ciclo che finisce, fatalmente, per ruolo, il più solo.


19 giugno 2014

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