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mercoledì 29 marzo 2023
 

Spagna e Olanda, la prima è come l'ultima

2010: Mathijsen si mette le mani nei capelli, Van Bronckhorst è a terra: è passato Iniesta, el ilusionista.
2010: Mathijsen si mette le mani nei capelli, Van Bronckhorst è a terra: è passato Iniesta, el ilusionista.

Non era mai successo che la partita finale di un campionato del mondo diventasse la prima di un girone eliminatorio, quattro anni più tardi. Capita anche questo al mondiale brasiliano: Spagna e Olanda nuovamente di fronte, fin da subito. A pensarci bene, con uno sforzo di fantasia, i dirigenti Fifa potevano anche inventarsi un piccolo stravolgimento delle regole e far aprire il mondiale proprio a questa partita piuttosto che al Brasile padrone di casa. Ma tant’è: sappiamo che nel calcio prima di poter modificare le regole, anche quelle più apparentemente semplici, ci vogliono sempre troppi timbri…

Bene, si riparte, allora, in un proseguimento ideale a quattro anni di distanza da quel minuto 116 in cui un “illusionista” realizzò la magia più attesa dalla Spagna. L’illusionista è Andres Iniesta, e il soprannome che si è guadagnato a Barcellona la dice lunga sul suo modo di giocare. Quattro anni fa, a Johannesburg, erano ormai tutti sicuri del fatto che il mondiale si sarebbe concluso ai calci di rigore per la terza volta nella storia, dopo quel Brasile-Italia del 1994 che noi amaramente ricordiamo per l’errore di Roberto Baggio, e quell’Italia-Francia del 2006 in cui Fabio Grosso regalò il quarto successo agli Azzurri. Tutti convinti, anche i due tecnici, Van Marwijk per l’Olanda e Del Bosque per la Spagna.

I due Mister guardavano con trepidazione gli ultimi minuti di quei supplementari e pensavano, intanto, ai rigoristi: chi è ancora al meglio delle forze? E quelli che durante gli allenamenti erano stati designati, in che stato di forma sono? Mentre il pensiero dei rigori aumentava col passare dei minuti, lui, el ilusionista, Andres Iniesta, decise che era ora di farla finita: un diagonale dalla parte opposta rispetto a quella di tiro e vittoria iberica. Oggi, Iniesta è ancora lì, forse un po’ più affaticato di allora, dopo aver corso per anni con il Barcellona, ma sempre pronto come un mago del centrocampo, un illusionista, appunto, a decidere all’improvviso le sorti della partita.

Quella di stasera non è una vera rivincita, dal momento che quattro anni fa era la finale mentre ora è solo la prima partita del girone che comprende anche Cile e Australia, ma rimane pur sempre una partita di cartello. Per capire l’evoluzione del calcio, soprattuto in Europa, bisogna ricordare che queste due Nazionali hanno galleggiato per molti decenni in posizioni di rincalzo. La Spagna ha recitato la parte di quella a cui manca sempre un soldo per fare una lira, come dicevano i romani più di un secolo fa. Ottimi giocatori, sprazzi di bel gioco, agonismo ai massimi livelli ma poi c’era sempre qualcosa a impedire la vittoria importante, quella per cui si entra nella storia.

Certo, la Spagna ha anche vinto un campionato europeo nel 1964, in casa, ma in condizioni particolari. C’era Francisco Franco, c’era l’Unione Sovietica come finalista e la partita di calcio si trasformò in partita politica. Da vincere, per obbligo. Dopo la vittoria, comunque, non è che la Spagna abbia saputo dimostrare granché. A differenza delle squadre di club, la Nazionale non è mai riuscita a incantare e a vincere. Poi, a partire dal tiki-taka, è cambiato tutto e oggi la Spagna siede al tavolo delle Grandi con pieno merito, due campionati europei e uno mondiale vinti nel breve giro di quattro anni.

Quanto all’Olanda, è stata ai margini del calcio che conta fino agli anni Sessanta. Poi è arrivato Cruyff e il “calcio all’olandese”, una rivoluzione del pensiero calcistico che ha cambiato il modo di giocare in tutto il mondo. Eppure, quell’Olanda, così moderna, così spregiudicata, così bella, perse sempre tutto il perdibile. Per vincere – anche in questo caso un torneo continentale, non un mondiale – ha dovuto aspettare che l’eredità lasciata da Kruyff, Krol e Neeskens passasse a Gullit e Van Basten, nel 1988. Dopo, tante aspettative, molte delusioni. Ora, dopo quattro anni da quella finale, le due nuove Grandi del calcio sono ancora qui. Non è più una finale anche se, potenza delle griglie di partenza, potrebbero ritrovarcisi ancora una volta. Idea, questa, che ai brasiliani ovviamente non piace. El ilusionista che ne dice?


13 giugno 2014

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