Il luogo in cui sono stati uccisi i due israeliani che viaggiavano con i 4 figli.
L'assassinio in Cisgiordania della coppia di israeliani che viaggiava in auto con i quattro figli (per fortuna salvi) è un'atrocità dai molti significati, tutti negativi. Non potendo trattarli tutti, ne scegliamo uno: è (per meglio dire, dovrebbe essere) la parola fine alla leadership di Abu Mazen. Non perché, come dice la propaganda della destra israeliana, denunciando all'Onu gli insediamenti e la fine delle trattative "di pace", Abu Mazen abbia invocato la guerra. Ma esattamente per il contrario: perché una guerra, neanche tanto strisciante, è già in corso da tempo e Abu Mazen non ne è parte né positiva né negativa. La subisce, a volte prova a cavalcarla, altre a soffocarla, ma sempre senza esito. E' un re travicello.
Pensiamo anche solo a questi ultimi mesi: scontri a Gerusalemme intorno alla spianata delle moschee, agguati reciproci in giro per la Cisgiordania, nuovo terrorismo ebraico e vecchio terrorismo palestinese che si confrontano, Hamas che da Gaza muove le sue pedine in Cisgiordania (ieri è arrivato puntuiale l'elogio per l'assassinio) e la sensazione raggelante che se si votasse domani (e infatti in Cisgiordania non si vota più) non sarebbe certo Al Fatah a vincere.
Mahmud Abbas, alias Abu Mazen, è stato segretario generale del Comitato esecutivo dell'Olp dal 1996 al 2015; dal 2005 è presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese; è stato anche primo ministro. Ai palestinesi serve una nuova e migliore guida.
Certo, se il cosiddetto Quartetto (Onu, Ue, Russia e Usa) fosse degno del nome (un gruppo che suona la stessa musica e lo fa a tempo) e non si fosse scelto per anni come rappresentante quel vanesio chiacchierone di Tony Blair, e se il Governo israeliano avesse meno viscere e più raziocinio, il ricambio tra i palestinesi verrebbe incentivato e favorito, mettendo nello stesso tempo in campo una politica utile a placare la rabbia dei palestinesi e a convincerli che la pace, a differenza di quanto grida Hamas, non è una sconfitta ma una speranza.
Perché poi, a farsi arruolare da Hamas, non saranno quei quattro burocrati più o meno corrotti che stanno dietro Abu Mazen, e che sono l'unico orizzonte a cui, a quanto pare, quartetti, quintetti e tromboni riescono a guardare.