Udienza
numero 21 e il Papa riflette sul rapporto tra malattia e famiglia,
denunciando anche la mancanza di servizi sanitari pubblici e gratuiti che
costringono
le famiglie a molti sacrifici. Bergoglio con il suo solito linguaggio
chiaro e diretto ha detto: «Quante volte vediamo
arrivare al lavoro, tutti lo abbiamo visto, un uomo o una donna con la
faccia stanca. Cosa succede? "Ho dormito
solo due ore perché a casa facciamo il turno per essere vicino al bimbo
o alla bimba malata, al nonno o alla nonna".
E la giornata continua con il lavoro».
Il Papa ha quindi commentato:
«Queste sono cose eroiche, sono le eroicità delle famiglie che si fanno
quando c’è un ammalato, un papà, una mamma, un figlio, una figlia. E si
fanno con tenerezza e con coraggio». Bergoglio
ha raccomandato di educare i giovani a essere vicini nel dolore, a non
ad “anestetizzarli” di fronte a questo: «La debolezza e la sofferenza
possono essere per nostri figli e nipoti una scuola di vita, dobbiamo
educarli a capire questa vicinanza nella malattia».
Poi ha aggiunto che «la comunità sa che la famiglia nella sofferenza
non va lasciata sola, e dobbiamo dire grazie per quelle esperienze che
aiutano ad attraversare il momento del dolore e della sofferenza, sono
un tesoro di sapienza che aiuta le famiglie nei
momenti difficili e fa capire il regno di Dio meglio di tanti discorsi,
sono carezze di Dio».
Il Papa ha denunciando quindi che «in tante parti
del mondo l'ospedale è un privilegio per pochi, e sono le mamme e i
papà, i fratelli e le sorelle, i nonni e le
nonne che garantiscono le cure e aiutano a guarire». Si tratta di
“fragilità” che «viviamo per lo più in famiglia, fin da bambini, ma
soprattutto da anziani, quando arrivano gli acciacchi», e la malattia «delle persone cui vogliamo bene è patita con un di
più di sofferenze e di angoscia: è l’amore che ci fa sentire questo di
più». E per un «padre e una madre tante volte è più difficile
sopportare il male di un figlio o di una figlia che il proprio». Il Papa
ha anche ricordato che Gesù non è mai passato «oltre
di fronte al dolore» e ha curato «ebrei e pagani, anche di sabato, cioè
quando la legge lo impediva».
Commentando l’episodio della guarigione
della cananea, che “non era ebrea, ma una pagana”,
ha
osservato che questa non cessò di chiedere aiuto a Gesù anche dopo il
suo rifiuto iniziale, e così ha ottenuto la guarigione: «La donna non
recede e una mamma, quando chiede
aiuto per la propria creatura, non cede mai, tutti lo sappiamo, eh?, le
mamme lottano per i propri figli». Bergoglio ha anche raccomandato alla
Chiesa di guarire e curare e «mai perdersi in chiacchiere».
Alberto Bobbio