La nebbia è un inequivocabile sintomo che l’umidità relativa dell’aria in quel luogo e in quell’istante ha raggiunto il valore del 100%. Ricordiamo che l’umidità relativa indica non tanto quanti grammi di vapore ci sono nel volume d’aria considerato ma piuttosto quanto l’aria sia più o meno vicina alla saturazione: ad esempio, una umidità relativa del 70% significa che alla massa d’aria manca ancora, a quella temperatura, il 30%, per diventare satura e quindi condensare sotto forma di nebbia o di nube.
La casalinga che, al primo mattino, vuole aprire le finestre per cambiare l’aria, potrebbe di conseguenza pensare che, se lo facesse, l’umidità in casa aumenterebbe.
Niente di più sbagliato!
In effetti negli ambienti chiusi con una temperatura interna di 20 °C e umidità relativa intorno 60% - i valori ottimali dal punto di vista del confort fisiologico - l’umidità assoluta reale, a quella temperatura, equivale a circa 12.5 grammi di vapore per metro cubo di aria. Supponiamo allora che, con tali iniziali condizioni, in una mattina nebbiosa con aria esterna a zero gradi (e quindi umidità assoluta pari a 4.5 grammi per metro cubo), decidiate di aprire le finestre per il ricambio dell’aria, e supponiamo che, a seguito di tale azione, la temperatura dei locali scenda fino 10 °C.
Il rimescolamento tra il metro cubo di nebbiosa aria esterna con contenuto di 4.5 grammi e quella interna, inizialmente con 12.5 grammi per metro cubo darà luogo, all’interno dell’ambiente, a una nuova massa d’aria, il cui contenuto di vapore sarà, ovviamente, all’incirca la media dei due valori ovvero circa 9 grammi metro cubo.
Conclusione: l’aria nei locali appena aerati passerebbe dai 12.5 grammi per metro cubo ad appena 9 grammi: insomma diventerebbe più secca di quella preesistente.
Paradossale, vero? È chiaro allora che le casalinghe che nelle giornate nebbiose non aprono le finestre, nel timore che entri in casa troppa umidità, in realtà compiono un madornale errore!