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mercoledì 16 ottobre 2024
 

Al Sisi inventa un Egitto che non c'è

Souvenir di Al Sisi in vendita al Cairo (Reuters).
Souvenir di Al Sisi in vendita al Cairo (Reuters).

Con il giuramento e l'insediamento, il generale Al Sisi ha deposto definitivamente la divisa da generale per indossare la grisaglia del Presidente dell'Egitto. In un'elezione dall'esito scontato e accompagnata da centinaia di condanne a morte, Al Sisi ha raggiunto il vertice del potere senza che alcuno potesse capire qual è il suo programma di governo. Un unico messaggio: stabilità, stabilità, stabilità. A tutti i costi. Forse il messaggio giusto per gli egiziani stravolti da tre anni di burrasche politiche e da una situazione economica vicina al collasso.

Al momento di giurare, Al Sisi ha detto che è "tempo che la popolazione raccolga i frutti delle due rivolte", cercando così di mettere insieme quella del 2011, quando la rivolta popolare contribuì a cacciare Hosni Mubarak, con il mezzo golpe del 2013, quando il presidente Morsi (l'unico regolarmente eletto fino ad allora) fu estromesso dal potere dalle proteste di piazza e, soprattutto, dall'intervento dei militari.

Niente di strano, la storia la scrive chi vince. Resta però il fatto che non è chiaro che cosa voglia fare adesso Al Sisi. L'unico aspetto evidente è che l'Egitto di Al Sisi sta cercando un nuovo posizionamento internazionale. La repressione contro i Fratelli Musulmani ha avvicinato l'Egitto all'Arabia Saudita e a Israele. La prima ha subito fornito un pacchetto di miliardi per l'emergenza. Il secondo ha di fatto tollerato la violazione del trattato del 1979, che vieta lo schieramento di armamenti pesanti nel Sinai, purché i militari egiziani stroncassero l'attività delle milizie islamiste, diventate rapidamente alleate di quelle palestinesi nascoste a Gaza.

Tutto questo, però, non fa una politica economica e nemmeno una politica estera. La verità è che Al Sisi è un enigma e l'Egitto di domani un mistero.




 

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08 giugno 2014

 
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