Eccoci davanti a un passo intenso ed emblematico del Vangelo di Giovanni (15,12-16). Nella notte che sta incombendo su Gerusalemme, nelle tenebre che stanno avvolgendo simbolicamente anche la sua persona votata ormai alla morte, Gesù pronunzia queste parole che sono luce e fuoco, amore e vita.
Come in una sinfonia, così anche in questi discorsi dell’Ultima Cena si intuiscono fili musicali, motivi spirituali, temi che risuonano ininterrottamente. La tonalità dominante di questo brano è dichiarato in apertura: amarsi gli uni gli altri è «il comandamento» per eccellenza del Cristo e riassume in sé ogni altra proposta morale del Vangelo.
La prima caratteristica di questa scelta di vita decisiva è racchiusa nell’equazione paradossale «Amatevi come io vi ho amati». L’amore del cristiano non si modella su quello pur alto degli eroi e dei santi, ma su quello, infinito, del Figlio di Dio.
L’amore di sua natura tende all’infinito e Cristo lo spinge fino alla vetta superiore e irraggiungibile, quella di Dio. Non si può, perciò, essere mai contenti del proprio amore, esso è sempre in crescita, dev’essere sempre nuovo. «Dove sono i lidi dell’amore, dov’è il suo fondo?» scriveva il poeta indiano Tagore. «Tu ignorerai sempre i limiti di questo regno pur essendone il re».
La seconda qualità è la totalità, espressa da Gesù con una splendida ed esaltante dichiarazione: «Dare la vita per i propri amici».
Chi ama è pronto a donare tutto, la sua stessa vita per la persona amata, senza falsi e rimbombanti eroismi, ma nel silenzio e nella gioia. Ma c’è un altro aspetto dell’amore, che Gesù fa balenare con il paragone del rapporto che lo lega ai suoi discepoli: l’intimità. Il nesso tra padrone e servo è freddo e burocratico, quello tra due persone che si amano è sincero e caloroso, trasparente e intimo. «Vi ho chiamati amici», dice Gesù, «perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi». L’amore è rivelazione di ogni segreto, è affidamento del proprio io alle mani di un’altra persona che a sua volta si consegna liberamente all’altra.
C’è un’ultima coppia di valori nel grande mistero dell’amore: è innanzitutto gratuito, una scintilla accesa da Dio nel cuore dell’uomo: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi». Lo scrittore francese Julien Green affermava: «Amare, sino a morirne, qualcuno di cui non si sono mai viste le sembianze né intesa la voce, è tutto il cristianesimo». È Dio che, anche nel matrimonio, fa incrociare vite diverse, guida a un abbraccio persone fino a un mese prima estranee, e depone quel seme d’amore che porta frutti di donazione e intimità.
L’altro valore dell’amore è appunto nella sua capacità di dare frutto, di generare, di creare: «Andate e portate frutto e che il vostro frutto rimanga».
Infinità, totalità, intimità, grazia e creatività: questi sono i cinque volti dell’amore che Gesù, nell’ultima sera della sua vita terrena, ci rivela e ci lascia come testamento. «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi».