È stato interessante leggere il ventaglio delle risposte al mio post della settimana scorsa, che trattava di Grand Theft Auto V, appena uscito.
Non tratterei di videogiochi se non ci giocassi, dalla bellezza di trent’anni. Per esperienza personale, variegata e frequente apprezzo moltissimo quel “qualcosa” che rende i videogame realtà insostituibili, originali e innovative nel panorama delle arti e dei mezzi di comunicazione. Per questo li studio e ne insegno. Al tempo stesso mi sono sempre dispiaciuto dell’evidente sottovalutazione che malgrado tutto rispetto ai videogiochi tanti dimostrano (grazie al Cielo non tutti), fra chi li produce, chi li vende, chi li compra, e chi avendo ruoli e compiti educativi dovrebbe avvedersi della loro rilevanza e giudicare di conseguenza, nel bene e nel male.
A testimonianza che il “tema GTA” è caldo sta la sfilza di commenti, quasi tutti concordi col tono del post, che ho potuto leggere in proposito. Rispettando e ringraziando chi è d’accordo e chi è in disaccordo, mi sento di reiterare un’unica precisazione: i genitori, i formatori, de-vo-no vegliare sui contenuti che vanno in mano ai loro figli e come minimo non devono sorvolare su quelle scatole che recano stampigliati limiti di età. È vero, sono “sconsigli” e non divieti a norma di legge, ma che vuol dire? Tanto per cominciare, è la stessa casa produttrice, gli autori del gioco, a segnalarli, e mi sembra giusto prendere in considerazione quel parere come merita.
Ma, poi, resta che anche il ragazzo più maturo ed equilibrato è un giovane sul quale i genitori hanno il compito di vegliare con affetto, con sagacia, con intuito e con giustizia. Buon per loro se decidono che loro figlio può giocare con la violenta e antisociale immedesimazione di GTA. Ma “decidere” è ben diverso che “lasciare”: è, appunto, la differenza che passa fra la presenza e l’assenza.
Ed ecco un altro video trailer, che chiarisce bene quali sono le “attività” (non tutte criminali) con cui ci si può dilettare nel gioco: