Ho visto che sul numero 15 di Famiglia Cristiana avete scritto che l’assegno unico è un “balzo verso il futuro”. Volevo precisare che è vero solo per una parte delle famiglie, ma che non lo è per la gran parte di esse. Premetto che quando si parlava di assegno unico pensavo solo a chi non lo aveva mai ricevuto, come le partite Iva e altre casistiche. Mai avrei pensato che avrebbe interessato tutta la platea dei lavoratori dipendenti, che già percepivano gli assegni familiari.
Questo anche perché l’assegno familiare era corrisposto dal datore di lavoro per conto dell’Inps e veniva richiesto dai lavoratori in maniera molto semplice, inserendo anche i redditi risultanti dal mod. 730 e da altri redditi. Quando poi ho realizzato che gli assegni familiari da marzo non erano più erogati dal datore di lavoro, ma che si doveva presentare il modello Isee all’Inps tramite il Caf, con relativa perdita di tempo anche per reperire i documenti, non riuscivo a crederci. Come è stato possibile pensare che l’Inps si potesse sobbarcare l’invio su conto corrente a tutti i lavoratori aventi diritto agli assegni familiari, mentre era così semplice rimborsare il datore di lavoro per averli anticipati? Fra l’altro, trovo molto grave che nell’importo dell’assegno chiamato ora “unico” siano comprese le detrazioni fiscali che abbassavano le tasse.
Quindi l’Inps, oltre a pagare gli assegni, come del resto ha sempre fatto per i lavoratori dipendenti, ora si trova a pagare anche le detrazioni fiscali, che erano invece di competenza del fisco. Altra cosa importante e negativa è che, per esempio, la famiglia di mio figlio composta da cinque persone, di cui tre figli minori, e con un Isee di Euro 25.208,75 perde 30 euro al mese! E questo gli era stato anticipato dal Caf, che già aveva valutato che tutti i casi presi in considerazione avrebbero ricevuto meno. Quello che voi chiamate “balzo verso il futuro” è, quindi, per quelle famiglie che non ricevevano gli assegni e non, invece, per le molte fami-glie che ora perdono cifre importanti del loro reddito.
La netta sensazione è che vada a vantaggio delle fasce più alte di reddito, che finora non ricevevano gli assegni familiari. Servono quindi dei correttivi che tengano in considerazione la conformazione delle famiglie, per le quali l’abitazione di proprietà e i piccoli risparmi non sono sintomo di lusso e di ricchezza.
GABRIELLA GIANOTTI
Cara Gabriella, grazie per la tua precisa lettera, che ho ridotto per motivi di spazio ma da cui emergono legittime perplessità sulla nuova misura economica, l’assegno unico. Essa, «unica e stabile», come si legge nel sito del Dipartimento per le politiche della famiglia, «semplifica e sostituisce molte delle attuali agevolazioni per i figli a carico». Come sai da fedele lettrice, tutto quello che riguarda gli aspetti fiscali ed economici che impattano sui redditi familiari sono da sempre un nostro cavallo di battaglia e in tante occasioni, attraverso gli articoli e l’azione del nostro Centro internazionale studi famiglia che studia in modo meticoloso tutti questi aspetti, siamo stati in prima linea nel chiedere maggiore sostegno alle famiglie.
Nel titolo del nostro articolo abbiamo visto espressamente apprezzare i passi avanti fatti dopo tanti anni, senza nasconderci però, come hai notato anche tu, gli aspetti deboli della riforma. Il professor Rizzolli, ha sottolineato gli uni (una riforma finalmente strutturale e universale) e non ha nascosto gli altri (complicazioni procedurali, basso impatto sui redditi medio-alti). A fronte di tutto questo iniziamo col dire che l’allargamento della platea dei beneficiari dell’assegno unico è importante, e questo è sicuramente positivo: finalmente si sostengono tutti coloro che non sono lavoratori dipendenti e che hanno figli. In particolare i redditi più bassi, soprattutto gli “incapienti”, quelli che non pagano le tasse perché hanno stipendi o fonti d’entrata troppo bassi.
Il sistema precedente era sicuramente iniquo, con tante ingiuste differenze (ad esempio monoreddito-bireddito, dipendente non dipendente...), anche se ben pochi protestavano. Inoltre, da un lato hai ragione a lamentarti sul cambio di sistema dell’erogazione dei contributi, che coinvolge l’Inps ed elimina il passaggio dai datori di lavoro, complicando il sistema. Dall’altro lato, però, occorre comprendere che se si costruisce un sistema universalistico che include, quindi, sia il lavoro dipendente che quello autonomo, non si può affidare la gestione a modelli troppo diversi tra loro.
Gestire i dipendenti tramite i datori di lavoro e i non dipendenti (che peraltro sono sempre più numerosi...) in un altro modo, sarebbe stato probabilmente troppo complesso. In ogni caso le tue critiche sulla questione “gestione Inps” sono condivisibili. Emerge in effetti un sistema costruito in modo complesso (fare la domanda, fare la richiesta dell’Isee, coinvolgere i Caf ecc.) per inseguire un criterio di semplificazione. Bisogna almeno, però, riconoscere in positivo che l’assegno unico cancella, come detto, tanti strumenti per farne uno solo. Naturalmente, se questo strumento unico risulterà nei fatti davvero più complicato per le famiglie rispetto a prima (e in parte questo è già riscontrabile), ovviamente si potrà/dovrà cambiare. In fondo l’Inps ha dato buona prova di sé anche nel faticoso tempo della pandemia e la forse eccessiva centralità di questo istituto come strumento operativo, non solo previdenziale ma anche assistenziale e del welfare sociale, è una tendenza ormai decennale.
Sarebbe probabilmente meglio dividere le sue funzioni previdenziali da quelle assistenziali, all’interno dell’Inps o con due distinti enti, per migliorare anche la previdenza (le pensioni). Ma si tratta, in effetti, di un dibattito più ampio rispetto all’assegno unico e al sostegno alle famiglie con figli, che però qui è giusto richiamare. In merito, poi, a quanto dici di tuo figlio, la situazione che descrivi è assolutamente vera.
Le stime riportano un 15-20% di famiglie con figli che otterranno un beneficio rilevante, un 70-80% che otterranno solo benefici marginali (più o meno in parità rispetto a prima) e il rimanente che ci perderà. Va ricordato comunque, a beneficio tuo e dei lettori, che per il primo triennio è stata introdotta una “clausola di salvaguardia” che fornirà un’integrazione all’assegno per limitare i danni. Essa è decrescente nel secondo e nel terzo anno di applicazione della nuova normativa e, dopo il terzo anno, il sistema andrà a regime.
Senza ulteriori interventi la famiglia di tuo figlio riceverà, è vero, meno del modello attuale. Resta, peraltro, verissima la tua critica sull’Isee. Il problema, quindi, è reale. Certamente va sottolineato, come tu stessa riconosci, che il nostro articolo ha comunque restituito la complessità di uno strumento imperfetto, dando voce a storie diverse. Il dibattito resta aperto anche in ambito politico. L’importante è continuare nella linea della riforma, che vede nei figli un bene pubblico e in tal senso investe nel loro futuro